DEBITO PUBBLICO ITALIANO NEL PRIMO SEMESTRE 2024.
Da una proiezione statistica e di tendenza, il debito pubblico italiano dovrebbe raggiungere i 2.945 miliardi a fine giugno per poi mantenersi stabile fino alla fine dell’anno. Il rapporto DEBITO/PIL nel 1° trimestre del 2024, è ancora aumentato, arrivando al 137,8%. Nonostante esistano delle regole per il debito dei Paesi dell’Unione, ovvero, il Regolamento n. 1177/2011 UE, che indica agli Stati il cui debito supera il 60% del PIL, l’adozione delle misure per ridurlo sistematicamente e con un ritmo adeguato, per il momento, lo stato italiano non ha fatto altro che aumentarlo, anziché ridurlo come stabilito dal regolamento suddetto. La riduzione dell’eccedenza di debito è prevista anche dall’articolo 4 del Fiscal Compact, in base al quale lo Stato si impegna a diminuirlo mediamente di 1/20.mo all’anno, come previsto dall’art. 2 del regolamento (CE) n. 1467/97, successivamente modificato dal regolamento UE n. 1177/2011, sopra illustrato. In Italia nell'applicazione di questo parametro di riferimento si dovrebbero tenere presenti: la congiuntura economica, la valutazione dell’andamento del debito, la crescita potenziale nel triennio, il saldo primario e la sostenibilità a medio termine del debito, ovvero, quelli che L’Unione Europea definisce come “fattori significativi” del quadro debito/PIL.
Per invertire questa tendenza debitoria ci sarebbero diversi metodi, ovvero, quello di adottare politiche fiscali prudenti che portino a una riduzione del rapporto debito/PIL con una lunga serie di avanzi o pareggi di bilancio. Insomma, ridurre i costi dello Stato, ridurre gli sperperi, rendere efficace la pubblica amministrazione, vendere i tantissimi immobili pubblici inservibili, potrebbero essere una delle prime strade da percorrere. In conclusione, per inibire la crescita del debito ed iniziare una manovra per la riduzione dello stesso, si potrebbe agire sui cosiddetti “costi parassitari” dello Stato puntando sul risanamento dei conti pubblici, dunque, alla riduzione del deficit pubblico attraverso politiche di tipo restrittivo. Oggi le politiche economiche per il contenimento del debito pubblico, oltre alla eliminazione dei “costi parassitari”, indicano in uno Stato più snello e in una pubblica amministrazione più efficace, due potenti promotori dell’aumento essenziale del PIL italiano che naturalmente e conseguenzialmente farebbero aumentare le entrate dello Stato nella condizione temporale di tassazione inalterata.
Prof. Antonio ROMANO for Economist International
1° luglio 2024
DATI SUI QUALI RIFLETTERE PER UNA POLITICA SANITARIA CHE PREVEDA UN CAMBIO E UN APPROCCIO NUOVO – Prof. Antonio ROMANO
Ecco un resoconto sintetico del SSN che invita a riflettere su errori di previsione e sull’assenza di una programmazione sanitaria nazionale adeguata ai bisogni di una popolazione sempre più vetusta. Tra questi dati e l’assenza di programmazione, si evidenzia come il personale aumenta e i medici diminuiscono: ovvero, diminuiscono quelli di cui necessitiamo !!!
Il vetusto e odioso numero chiuso a Medicina, la fuga verso il privato, il pensionamento dei medici acuiscono le necessità dei cittadini. Inoltre, non esistono grafici ufficiali dei costi dei privati cittadini per assicurarsi prestazioni pubbliche (ticket, intramoenia, assicurazioni, visite private con gli stessi medici pubblici) ed inoltre, non esistono statistiche ufficiali per determinare i costi sopportati dai cittadini per prestazioni richieste a medici fuori dal SSN, nonché costi per il fenomeno tutto italiano dell’EMIGRAZIONE O TURISMO SANITARIO.
Un quadro, talmente confuso, sempre più costoso, inefficiente e inefficace, da dover intervenire immediatamente e ovviamente non dal punto di vista economico , ma dal punto di vista organizzativo e gestionale.
“Nel 2022 sono 625.282 i dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, personale delle Asl e degli Istituti di ricovero pubblici ed equiparati (Asl, Aziende ospedaliere, Aziende ospedaliere universitarie integrate con il SSN, Aziende ospedaliere integrate con Università). Nel 2020 ammontavano a 617.466.
In particolare, nel 2022 lavorano per il Servizio Sanitario Nazionale 101.827 medici e odontoiatri (erano 103.092 nel 2020) e 268.013 infermieri (264.686 nel 2020). Il rapporto fra infermieri e medici, a livello nazionale, si attesta sul valore di 2,63 infermieri per ogni medico.
È quanto si legge nella monografia Personale delle ASL e degli Istituti di ricovero pubblici ed equiparati - Anno 2022, a cura dell'Ufficio di statistica - Direzione generale della digitalizzazione del sistema informativo sanitario e della statistica.
Nel 2022, il 69,5% del personale del Servizio Sanitario Nazionale è composto da donne, contro il 30,5% degli uomini.
Il 72,3% (451.871 dipendenti) appartiene al ruolo sanitario, il 17,8% al ruolo tecnico (analisti, statistici, sociologi, assistenti sociali, etc.), il 9,7% al ruolo amministrativo e lo 0,2% a quello professionale (avvocati, ingegneri, architetti, etc.).
Con particolare riferimento al ruolo sanitario, il 59,3% è rappresentato da infermieri, il 22,5% da medici e odontoiatri e il 18,2% da altre figure professionali sanitarie (dirigenti professioni sanitarie, personale tecnico-sanitario, personale funzioni riabilitative, personale vigilanza e ispezione).”
LA SOCIOLOGIA POLITICA DEL TERZO MILLENNIO.
La sociologia del terzo millennio, diventa la scienza politica per antonomasia, ovvero, una “scienza delle connessioni” fra comportamento sociale, mutamento sociale, mutamento economico e mutamento delle istituzioni.
Oggi e in futuro prossimo si riterrà sempre più necessaria la costituzione di un laboratorio di idee per la stesura di un grande e nuovo programma politico che sappia incrociare le esigenze dei cittadini con le istituzioni e l’economia.
Ovvero una sorta di rifondazione della politica che unisca lo stato al territorio, che unisca la sicurezza e la cultura socioeconomica.
Oggi sappiamo che le istituzioni cambiano lentamente e tale lenta dinamica è diventata un ostacolo dispendioso, mentre la società e gli uomini sono profondamente cambiati e velocemente cambieranno: tutti cerchiamo velocemente la qualità della vita ... durante il nostro tempo !
Compito della nuova politica, è capire questo cambiamento e dirigerlo. Bisogna comprendere e studiare quello che sta accadendo, per poi, velocemente inserirlo come base di un programma politico anch’esso in mutazione continua e all’unisono con il cambiamento sociale.
Insomma, una sociologia politica applicata: ovvero “scienza dinamica delle connessioni” fra mutamento sociale, mutamento istituzionale e mutamento delle esigenze e dei bisogni dei cittadini.
La nuova sociologia politica mantiene inscindibilmente insieme, istituzioni, processi, gestione socioeconomica, bisogni sociali e libertà individuale, quindi, in accordo con Braungart e Kimmerling, non possiamo che tenerne conto sempre di più nell’ azione politica.
Anche la sociologia del secolo passato, quella di Comte, Tocqueville, di Pareto, di Weber, seppur in presenza di un mutamento sociale molto più lento di quello di oggi, non disgiungeva la dimensione politica dalle altre dimensioni della vita sociale (stato, governi, cultura, consuetudini, educazione, territorio, localizzazione, risorse, economia, creatività). Quindi, oggi e in futuro, per avere l’approvazione sociale della guida politica, è necessario comprendere i bisogni che l’umanità chiede a gran voce. Di qui, la necessità di sviluppare e divulgare un programma politico che rispecchi e rispetti questi bisogni, un programma politico di cambiamento di quello stato così come è stato immaginato in oltre 2000 anni di storia, un programma politico sicuramente rivolto al presente ma soprattutto al futuro, che non abbia, i germi degli errori programmatici del passato.
Prof. Antonio ROMANO
1° maggio 2024
DEBITO GLOBALE: una crescita senza fine ?
CRISI NEL 2022/2023 e oltre ?
In una situazione preliminare di crisi del sistema socioeconomico mondiale, in caso di sicuri “conflitti regionali” di questo tipo individuo almeno 5 fattori scatenanti e/o conseguenziali:
l’anno 2022 sarà complicato da diversi fattori sociali ed economici: inflazione progressiva dovuta alla liquidità del sistema, rischi geopolitici, , riduzione dell’influenza americana nel mondo, cambiamenti climatici incompatibili con la stabilità umana, continua insofferenza di Russia e Cina con repubbliche confinanti o prossime che potrebbero scatenare guerre. Su quest’ultima questione, le conseguenze di una eventuale aggressione della Cina su Taiwan e soprattutto della Russia sull’Ucraina saranno molto rilevanti. Vediamole:
1) 1) le conseguenze economiche e finanziarie di una eventuale guerra faranno soffrire il mondo intero già pesantemente colpito dalla pandemia Covid. L’occidente dovrà rispondere a questo imperialismo moderno, con sanzioni e azioni che faranno male non solo ai paesi citati (Cina e Russia), ma anche a tutto il resto del pianeta. Ci troveremo in una situazione di "azione e reazione" che potrà continuare per mesi o anni e si spegnerà con il tempo.
2) 2) Questa situazione, tra inflazione progressiva, aumento del costo del danaro e riduzione della domanda globale, creerà una situazione di stagflazione economica produttiva e finanziaria che non potrà essere governata più di tanto dalle banche centrali. Stagflazione che arriva proprio nel momento del cambio del ciclo economico ecocompatibile.
3) 3) Tra stagflazione e inflazione le borse mondiali potranno bruciare miliardi di euro/dollari nell’ordine del 20/25% rafforzando la fuga di capitali verso oro, platino, franco svizzero e valori immobiliari. Inoltre, l’aumento del costo del danaro non aiuterà certamente gli investimenti produttivi a breve e medio periodo, dunque, al netto dell’inflazione si svilupperà in maniera difforme una certa recessione economica.
4) 4) Il tempo che sarà necessario per redimere i conflitti sia violenti che commerciali, nonché la guerra delle materie prime sarà determinante: più dureranno queste tensioni e più la situazione diventerà sempre più grave. Le filiere delle “produzioni circolanti moltiplicative di valori economici” saranno sensibili e dipendenti dal livello della violenza delle tensioni o delle guerre, del tempo che servirà per ritornare alla normalità precedente, anche se tutte le crisi molto difficilmente riportano alle condizioni precedenti.
5) 5) In ogni crisi gli stati si ricordano (dopo un tempo) dell’intervento di tipo Keynesiano nell’economia, ma questa volta sarà molto più complicato, in quanto quasi tutti i paesi escono malconci dalla pandemia per aver speso (spesso senza controlli) una grande quantità di danaro pubblico e difficilmente potranno continuare a tassare un mercato anemico colpito da una spirale inflazionistica. I debiti pubblici degli stati hanno continuato ad aumentare negli ultimi 3 anni senza un corrispondente livello di investimenti in infrastrutture produttive e purtroppo indirizzati quasi completamente verso spese sociali e spese improduttive”.
Durante le crisi moderne, è sempre mancata è la capacità di fermare l’effetto a catena che non si blocca fintantoché i fattori scatenanti non si attenuano o si trasformano.
Villach - Austria - 5 Settembre 2021
Prof. Antonio ROMANO
HONG KONG - Developing Country Forum 2008 -
Il tema della mia relazione si concentrò sulla metodologia dello sviluppo socio-economico dei paesi del mondo:
"GLI INVESTIMENTI DEGLI STATI MODERNI NON SI DEVONO FARE SULLE PERSONE, MA SULLE COSE MOLTIPLICATIVE DI VALORI".
Affrontavo il problema a partire dalla formazione tecnico/culturale, per poi passare agli investimenti in ricerca e in infrastrutture.
Esponendo dati concreti, citavo come esempio, lo sviluppo straordinario della Corea del Sud e diversi altri stati.
Era il 2008 e dopo 14 anni, confermo ancora oggi che per raggiungere lo sviluppo socioeconomico moltiplicativo bisogna procedere nella direzione suddetta:
"GLI INVESTIMENTI DEGLI STATI MODERNI NON SI DEVONO FARE SULLE PERSONE, MA SULLE COSE MOLTIPLICATIVE DI VALORI".
HONG KONG - Developing Country Forum 2008 -
The theme of my report focused on the methodology of socio-economic development of the countries of the world:
"THE INVESTMENTS OF THE MODERN STATES SHOULD NOT BE MADE ON PEOPLE, BUT ON MULTIPLICATING THINGS OF VALUES".
I tackled the problem starting with technical / cultural training, and then moving on to investments in research and infrastructures.
In giving concrete data, I cited as an example, the extraordinary development of South Korea and several other states.
It was 2008 and after 14 years, I still confirm today that to achieve multiplicative socio-economic development it is necessary to proceed in the direction mentioned above:
"THE INVESTMENTS OF THE MODERN STATES SHOULD NOT BE MADE ON PEOPLE, BUT ON MULTIPLICATING THINGS OF VALUES".
Potenziando la tratta ferroviaria Ferrandina-Matera si sostiene il reale sviluppo socioeconomico-turistico.
Abbiamo avuto l’inaspettata e più che gradita opportunità di incontrare il prof. Antonio Romano noto socio -economista di fama internazionale. Nonostante i suoi numerosissimi impegni il professore ha dedicato volentieri un po' del suo tempo a questo momento di approfondimento su di una problematica di vitale importanza per un ulteriore impulso allo sviluppo socioeconomico del sud del nostro paese nella fattispecie per tutto ciò che attiene la Ferrovia Ferrandina-Matera.
Non poteva esserci persona più adatta del Prof. Romano a scambiare qualche battuta in merito dato il suo ricco e autorevole curriculum. Partiamo con la prima domanda.
1 D) Professor ROMANO, a quanto pare risale alla fine degli anni trenta del XX secolo il primo collegamento ferroviario tra Matera e Ferrandina, realizzato in quel periodo dalla Società Mediterranea Calabro Lucane. Collegava Matera a Ferrandina e Pisticci. Si intuì che per generare progresso economico le vie di comunicazione erano e sono la conditio sine qua non, giusto?
R. Il collegamento ferroviario di Matera con il resto della rete ferroviaria, ben rappresenta la storia italiana fatta di incompiute e di enormi sperperi. Dopo l’unità d’Italia tutti avevano l’esigenza di una maggiore mobilità dei trasporti di merci e persone: lo stato unitario era ben conscio di questo. Tuttavia, per tante ragioni, Matera fu sempre esclusa dalle tratte ferroviarie in costruzione nel sud Italia a partire dalla prima tratta Taranto – Reggio Calabria del 1865. In realtà, solo nel 1879, l’On. Correale, chiese un collegamento ferroviario tra Matera e Gioia del Colle per collegare la città alla tratta Bari – Taranto. Mentre per la Matera Ferrandina, solo dopo tanti anni, nel 1932, si giunse alla decisione di costruire una linea ferroviaria a scartamento ridotto affidata poi alla gestione delle ferrovie private Calabro-Lucane (FCL). Nel 1972, purtroppo, iniziava l’interruzione del servizio ferroviario tra Matera e Ferrandina per l’inadeguatezza delle strutture e solo nel 1986 iniziarono i lavori di adeguamento, anch’essi interrotti dopo qualche tempo. Sono passati trentacinque anni dall’inizio di quei lavori che furono pieni di errori progettuali, fallimenti delle aziende costruttrici e con una spesa di circa 220 milioni per soli 20 km di strada ferrata a tutt’oggi incompiuta.
2 D) In queste stazioni, Matera-Ferrandina e Pisticci, si aveva l'interscambio con la linea Battipaglia-Metaponto delle Ferrovie dello Stato, che permetteva il collegamento sia con Napoli che con Taranto. Dunque, ciò rappresentava un concreto incremento per l’economia locale dell’epoca?
R. Senza alcun dubbio intorno agli anni 30 del secolo scorso la Matera-Ferrandina-Montalbano Jonico ha rappresentato una via di comunicazione importante per tutta la provincia di Matera in quanto raccoglieva intorno a sé le esigenze dell’intera zona. Inoltre, l’interscambio sulla Battipaglia-Metaponto garantiva opportunità comunicative di rete ferroviaria che dava forza allo sviluppo economico di Matera e dintorni. Voglio ricordare che la bonifica del Metapontino, nonché la costruzione delle ferrovie in questione hanno garantito lo sviluppo dell’agricoltura da estensiva a intensiva con l’introduzione di coltivazioni pregiate come ortaggi, frutta e agrumi.
3 D) Dunque nonostante fosse l'unico collegamento ferroviario tra Matera e la rete ferroviaria italiana, la tratta non ebbe alcun adeguamento strutturale. Un fattore che impresse un freno allo sviluppo economico del territorio?
R. Ovviamente, essendo Matera punto terminale del collegamento ferroviario, il contributo iniziale non fu seguito da ulteriore sviluppo, in quanto l’ideale collegamento con Bari non era ancora stato definito se non con le linee a scartamento ridotto di 0,95 metri. Pertanto, il tanto sospirato passaggio a sud tra Napoli-Salerno-Potenza-Matera-Bari, rimase un sogno nei cassetti della burocrazia: da una grande speranza, si passò ben presto a una profonda crisi economica e a una devastante crisi migratoria degli anni ’60, tamponata in parte dalla creazione delle zone industriali di Ferrandina e di Pisticci che a loro volta successivamente persero importanza per il decadimento infrastrutturale della linea ferroviaria Salerno-Potenza-Ferrandina-Taranto non ancora elettrificata in quel tempo.
4 D) Le numerose istanze che sorsero conseguentemente sottolineavano l'isolamento della città dalle aree attraversate dalla rete ferroviaria nazionale, causando un impatto negativo su una voce importante dell’economia locale: il turismo, che da risorsa si è trasformata in criticità?
R. Come è notorio, pur avendo un potenziale turistico molto particolare, la città di Matera è stata per tutto il secolo scorso un luogo di emigrazione e uno scarso attrattore turistico. L’industria cinematografica prima e la ristrutturazione dei Sassi dopo, hanno cambiato il sentiment turistico. Negli ultimi 20 anni il turismo a Matera è diventato una realtà non ancora consolidata e questo a causa della mancanza di un marketing territoriale ben strutturato ed anche per l’isolamento ferroviario non è ancora risolto. Fintanto che Bari-Matera-Ferrandina non sarà una linea diretta a scartamento ordinario collegata alla rete nazionale, i flussi turistici non aumenteranno, così come non aumenteranno le ricadute socioeconomiche. Come spesso accade nel nostro paese, le infrastrutture sono realizzate quando le opportunità e le occasioni sono passate. Per la città ad esempio, si è persa una grande occasione, in quanto sia il sistema ferroviario che quello viario non sono stati attivati prima di MATERA 2019 Capitale Europea della Cultura e oggi, con grave ritardo, si impiegano risorse per completare (chissà quando) il semi-collegamento ferroviario alla rete nazionale, pur sapendo che i flussi turistici verso la città transitano al 80 % da nord est, ovvero dalla Puglia, ovvero attraverso il Porto/Aeroporto/Stazione FS di Bari , mentre l’investimento in questione si è progettato a sud ovest, raccogliendo scarsissimi flussi turistici e scarsissimi risultati socioeconomici.
5 D) Nel 1986 ebbero inizio i lavori di realizzazione della tratta ferroviaria Ferrandina-Matera La Martella non ancora terminati; la città di Matera resta raggiungibile per ferrovia solo da Bari tramite la linea ferroviaria a scartamento ridotto delle Ferrovie Apulo Lucane. Nel 2016 la Commissione Bilancio della Camera ha approvato lo stanziamento di 210 milioni di euro per il completamento della linea ferroviaria. Lo considera un motivo di concreta speranza per una reale ripartenza socioeconomica-turistica dell’intero territorio?
R) In questi ultimi anni si è pensato a un nuovo finanziamento di 210 milioni per concludere i lavori nel 2026 ed anche la Regione Basilicata è intenzionata a collocare risorse. Insomma, se mai un giorno vedremo conclusa l’opera, avremmo speso come minimo 430 milioni per soli 20 km di ferrovia (220 milioni prima e 210 oggi): ovvero la pazzesca cifra di 21,5 milioni di euro per chilometro elettrificato. Personalmente sono sempre stato un epigono “dell’investimento sulle cose e non sulle persone”, in quanto in economia, sono i valori moltiplicativi che creano sviluppo socioeconomico e per non venir meno al suddetto paradigma, sono convinto che questa infrastruttura porterà il suo contributo allo sviluppo di Matera e della sua provincia. Ma vorrei anche sottolineare che è l’insieme armonico e programmato di vari investimenti che crea uno sviluppo costante che si mantiene nel tempo. Per soddisfare questa metodologia sarebbero essenziali alcuni investimenti: 1) collegare la costruenda Ferrandina-Matera alla Matera-Bari elettrificata e con scartamento ordinario, 2) investire nel raddoppio viario della Matera-Metaponto, 3) riprendere il dimenticato progetto della ferrovia Reggio Calabria-Metaponto-Matera-Foggia. In sintesi, un piano territoriale integrato per fare di Matera un centro turistico e uno snodo ferroviario di prim’ordine e non una semplice stazione ferroviaria di arrivo a binario tronco della rete nazionale. Matera e la sua provincia, hanno tutte le carte in regola per aspirare ad uno elevato sviluppo economico di lungo periodo, ma è essenziale che gli investimenti siano integrati e coesi, che vedano infrastrutture, territorio, risorse e società, inserite in forma armonica in un vero piano socioeconomico territoriale.
Professor Romano la ringraziamo infinitamente per la sua attenzione,
disponibilità e per il suo competente contributo di proposte.
Fernando Ciarrocchi –
IL POPOLO NEWS
AULA CON TEMA: TIME ECONOMY (Economia del Tempo).
Dopo il conflitto mondiale, il problema principale era costituito dal recupero dell'economia e di un benessere socioeconomico.
Questi problemi li avevano tutti gli Stati in guerra, ma in particolare gli stati sconfitti o devastati: Giappone, la Germania, Italia.
In Germania e Giappone i governi si mossero immediatamente, mentre in Italia la ripresa fu molto più lenta e raggiunse il suo culmine negli anni 60 ben 10/20 anni dopo il termine del conflitto, dopodiché la gestione del tempo fu abbandonata e il paese perse la connessione tra socioeconomia e TEMPO.
In seguito, anche altri stati con economie compromesse come la Corea del Sud e Cina, scoprirono che per il recupero socioeconomico, dovevano fare in fretta, sempre più in fretta, dovevano avviare una serie di riforme che avessero un unico obbiettivo: GUADAGNARE E RECUPERARE TEMPO ed ebbero un grande successo che ancora oggi continua. Si resero conto che il bene più importante che abbiamo e che valorizziamo poco è il TEMPO.
Noi umani, difficilmente diamo la giusta importanza al "MEZZO DI TRASPORTO" che usiamo durante la nostra vita e quando, in ritardo, ci rendiamo conto, è passato un anno, sono passati 20 anni ed è passata la nostra vita. Infatti, abbiamo poco tempo per costruire un successo e abbiamo poco tempo per goderlo. Non abbiamo avuto tempo per gestire il nostro TEMPO, per ottenere la qualità della vita che potevamo avere, per diventare le persone che potevamo essere. Dunque dobbiamo imparare a usare e dosare sapientemente il bene più prezioso: IL NOSTRO TEMPO.
QUESTA E' IN ALTRE PAROLE L'ECONOMIA DEL TEMPO: raggiungere il nostro massimo valore qualitativo nel minor tempo possibile. Questa regola vale per tutti: stato, istituzioni, società, comune, famiglia, singolo umano.
Nel brainstorming che seguirà, cari economisti di Saragozza, affronteremo le situazioni in cui possiamo gestire (anche con il METODO ROMANO) socioeconomicamente il nostro tempo. Il tutto per ottenere un maggiore utilizzo, un maggior rendimento, ana maggiore velocità di realizzazione dei RISULTATI e di conseguenza, i migliori benefici per le nostre vite e per i nostri posteri.
Cominciamo ....
Prof. Antonio ROMANO
News: “EPPURE Vi AVEVO AVVERTITO” di Antonio ROMANO.
Versione italiana di G.P.
Questa settimana sarà decisiva per le sorti dell’Italia, anche se molti si concentrano sulle sorti del governo come tifosi di calcio e come tifosi in conflitto. Due sono i nodi da sciogliere importanti per l’Italia: il MES e il Recovery Fund.
Domani 9 dicembre nel Parlamento Italiano approda la riforma del MES e le posizioni dei partiti di governo sono conflittuali anche se, come al solito, sarà trovata la solita soluzione all’ italiana: il compromesso che accontenta un po’ tutti.
Tuttavia il vero problema, il vero “piatto ricco”, invece, è rappresentato dal Recovery Fund e dai progetti da presentare in Europa per ottenere i 196 miliardi di euro (diminuiti dai precedenti 208 miliardi). Il Governo dovrebbe (ormai in ritardo sempre su tutto) mettere a punto il piano integrato e funzionale italiano dei progetti richiesti dall’Europa nell’ambito del RF e lo vuole fare con una sconosciuta a tutt’oggi task force che dovrebbe avere il compito di governance mista del Recovery Plan (ministri + 6 manager che a loro volta sarebbero coadiuvati da 300 persone !!).
In sintesi il solito fritto misto all’italiana: non si hanno idee e neanche capacità programmatorie, non si hanno competenze e non si conoscono le mete da raggiungere nei tempi previsti. Dunque, si improvvisano miscele e alchimie dell’ultimo momento e per l’investitore pragmatico europeo si tratterà dell’ennesima italica delusione. Si parla genericamente di progetti di digitalizzazione, green, di asili nido, efficientamento di edifici, messa in sicurezza di edifici pubblici, eliminazione di disuguaglianze, riequilibrio regionale, inclusione e integrazione ed invece NON SI PARLA di progetti concreti come:
1) Strade, autostrade, porti e aeroporti nel Sud in particolare.
2) Alta Velocità Ferroviaria da Palermo e da Catania verso Salerno, da Lecce, (adriatica) Bari, Pescara verso Nord e verso Roma; da Roma (tirrenica) verso Genova/Milano e verso Pescara; da Milano verso Trieste e Vienna; da Torino verso Lione e verso Genova; da Bologna verso Innsbruck e Monaco; da Genova verso Nizza.
3) Progettazione di tre “tre porti franchi” Nord/Centro/Sud per le transazioni commerciali con il mondo.
4) Digitalizzazione dello stato e servizi delegati a privati, con riduzione di costi e personale pubblico del 50% in 10 anni.
5) Progetti e finanziamenti per concentrazioni industriali settoriali e creazione di filiere su tutto il territorio nazionale.
6) Università specializzate in tecnologie avanzate per talenti della New Generations che dovranno competere con il mondo.
7) Progetti e finanziamenti per ricerca scientifica in farmaceutica, aereonautica, sistemi di sorveglianza, digitalizzazione innovativa, ciclo biologico agroalimentare, ecc.
8) Progetti nazionale di sistemazioni idrogeologica di (laghi, dighe, coste, fiumi e canali di irrigazione).
9) Ponte o tunnel dello stretto di Messina.
10) Riforma profonda e strutturale dello stato Italiano.
Questi dieci punti sarebbero da realizzare con i 196 miliardi Europei che muoverebbero da soli un aumento del PIL tra il 5,5% e il 7,9%.
Ed invece cosa accadrà?
Presto detto: finiranno in “pasto” alla burocrazia pubblica tra opere incompiute, progetti falsi, costi gonfiati, finanziamento a nulla facenti e criminalità. Conoscendo la italica forma mentis di questo ultimo mezzo secolo, dobbiamo aspettarci solo sperperi e ruberie coscienti e incoscienti e se tutto va bene, dopo aver forse consumato i 196 miliardi, ci ritroveremo con pochissime realizzazioni utili e un enorme e aumentato debito pubblico.
Infine, nel 2025/2026, ci ritroveremo con la nostra richiesta all’Europa di rifinanziare e prolungare i termini del Recovery Fund e dunque, con l’Europa che ancora una volta sarà totalmente insoddisfatta del comportamento e dell’uso del danaro Europeo da parte degli italiani.
Meditate, sulla forma mentis italiana …..“eppure vi avevo avvertito”!
Prof. Antonio ROMANO
LETTERA APERTA AL GOVERNATORE BARDI.
"A volte mi chiedo e mi chiedono, cosa cambia tra un governo regionale di destra e un governo regionale di sinistra ?
Ho due risposte:
1) se i primi fanno le stesse cose dei secondi e viceversa, non cambia NULLA.
2) se i problemi si affrontano con la stessa mentalità che li hanno generati, non si risolve NULLA.
La Basilicata oggi é una terra repulsiva che nonostante abbia risorse naturali attrattive non riesce ad essere attrattiva.
Dunque rimane una regione di emigrazione, altro che terra da vivere come pubblicizzato !!!
Per far vivere e sviluppare le persone su un territorio é necessario "lavorare", progettare e pianificare quest’ultimo, emanciparlo, avere attenzioni, creare economia, adottare un piano socioeconomico professionale con mete a date certe, investimenti sulle cose e non solo sulle persone: .... e invece, che si fa ?
IL NULLA, nessuna concreta programmazione, semplice amministrazione con più burocrazia, nessun investimento qualificante generatore di sviluppo, dunque il NULLA, come prassi progressiva, da 50 anni.
Si fa il nulla, pensando di fare qualcosa ... e intanto la popolazione emigra e cresce il problema demografico.
Caro Presidente, cerchi di avere RISULTATI migliori rispetto ai suoi predecessori, lavori per "rimanere" nella storia di questa regione e a tal fine, le rinnovo la mia disponibilità e le offro gratuitamente la mia esperienza professionale per aiutare alla realizzare di un professionale PIANO DI SVILUPPO PER LA BASILICATA: ad oggi, non ho avuto nessun riscontro....
Dunque, RIMANGO IN ATTESA ...
cordialmente".
Prof. Antonio ROMANO Socioeconomista - Progetti Aziendali e Territoriali
TERMOMETRO REALE DEL GRANDE AMMALATO ITALIANO – Prof. Antonio ROMANO - Restricted version of the report to international economic studies. Reporter
G.P.
Il Prodotto Interno Lordo del 2020 in Italia è atteso a 1.647 miliardi di euro secondo la Nota di aggiornamento del DEF (NADEF) pubblicata a firma del ministro dell’Economia. Invece, secondo le proiezioni del nostro centro di ricerca il PIL italiano sarà invece di 1.621 miliardi.
L’economia italiana secondo il NADEF e secondo lo stato italiano, avrà una frenata del 9% (- 143 miliardi), Mentre per il nostro centro di ricerca, la frenata sarà del 10,8% (- 169 miliardi su base annua), ben più ampia di quanto prevedono gli esperti del ministero dell’Economia. Un calo del PIL di questa dimensione, ad esclusione delle epoche belliche, non si è mai visto nel nostro paese.
Il NADEF stima che ci sarà un recupero del PIL nel 2021 del 6%, del 3,8% nel 2022 e del 2,5% nel 2023 grazie alle misure espansive messe in campo (?). Secondo quanto stimato dal nostro studio invece, la crescita inizierà nel momento in cui finirà o si attenuerà la pandemia e le relative misure restrittive. In ogni caso prevediamo un incremento naturale del PIL nel 2021/22/23 che ci riporterà a superare i 1.780 miliardi di PIL del 2019 anche in assenza di vere misure espansive che allo stato attuale appaiono inesistenti.
Concordiamo più o meno con le stime del governo sul debito pubblico che nel 2020 giungerà alla stratosferica cifra di 2.603 miliardi di euro dai 2.410 miliardi del 2019 (+193 miliardi). Il nostro Centro Studi , più verosimilmente prevede un debito a 2.611 miliardi (+ 201 miliardi), senza accedere al MES. Se si dovesse accedere al MES, bisognerà aggiungere un valore ulteriormente negativo.
Dunque, in conclusione secondo lo stato italiano, noi diventiamo più poveri di 143 miliardi e più indebitati di 193 miliardi, per un totale di 336 miliardi in negativo. Mentre per il nostro studio che da tempo fa previsioni molto più realiste, nel 2020, diventiamo più poveri di 169 miliardi (PIL) e più indebitati di 201 miliardi (senza il MES, che ovviamente, sarebbe un ulteriore debito), per un totale di 370 miliardi in negativo.
Senza accorgerci, in percentuale, diventiamo il paese peggiore al mondo avendo sommato in un anno tanta negatività senza nessun investimento produttivo. Nella scienza economica si afferma che in certe circostanze è meglio lasciare libera l’economia reale di un paese, quando esiste uno stato inefficace e un governo che sono un ostacolo, nonché una fonte spaventosa di sperperi.
Prof. Antonio ROMANO
DEMOGRAFIA LUCANA: PROPOSTE.
di Antonio ROMANO
(short version)
MATERA 23 Agosto 2020 –
L’analisi demografica della Basilicata vede una curva costantemente in perdita e un progressivo invecchiamento dal 1961. Lo spopolamento delle aree interne è fortissimo e i giovani studenti e non, in attività lavorativa, pur in presenza dell’Università in Basilicata, scelgono altre sedi per i loro studi e poi non tornano, perché nel tempo fanno una comparazione di qualità complessiva della vita con i luoghi nativi. Sono diventati tanti, troppi per non dover porre la questione seriamente al centro di ogni progetto e al centro di ogni livello istituzionale. Se poi si osservano i dati di microarea, vediamo che solo nel Vulture, Matera e Area Jonica Metapontina, troviamo una stratificazione sociale appena omogenea. Il resto dell’intero territorio lucano presenta una pericolosa deregulation demografica che dal punto di vista dell’analisi sociologica è un fenomeno di una gravità assoluta, invisibile da anni ai non esperti. Qui assistiamo a chiusure di vari servizi e attività: banche, poste, scuole, edicole, trasporti pubblici, cinema, teatri, oratori, negozi di ogni tipo, bar, farmacie, servizi sanitari, aziende, produzioni agricole, servizi veterinari, ecc. Insomma un depauperamento che porta alla morte demografica dei territori e una relativa centrifugazione demografica su Potenza che così limita i danni dello spopolamento. Tutti ne parlano, ma non esiste un progetto ostativo di tale debacle. Ovviamente, sul tema si sono impegnati tanti e troppi non specialisti e giammai si è pensato, come si fa per costruire un ponte, di richiedere l’intervento di specialisti e progettisti del settore. Negli ultimi 60 anni, l’unico modo pensato per limitare i danni è stato quello di creare “lavoro” con posti pubblici o con cattedrali nel deserto che hanno depresso ancora di più il territorio. Un discorso a parte invece, merita il polo automotive FCA che ha creato autonomamente, un distretto, una filiera e una economia circolare di prossimità attraverso un indotto di supporto che oggi è l’unico modo di fare industria nel nostro paese.
Dunque in conclusione, il contrasto al depauperamento demografico deve essere delegato a specialisti che sviluppino progetti di inclusione, di assorbimento sociale, di creazione di poli assertivi, di centri con sviluppo orografico territoriale, di eliminazione delle repulsività con aumento dell’attrattività, di progetti di vocazione e prossimità territoriale: tutti inseriti in un piano con date certe. Solo con queste creazioni, si può bloccare il depauperamento, migliorare la stratificazione sociale e puntare a un moderato ma costante aumento della popolazione.
Prof. Antonio ROMANO
POLITICHE FISCALI ED ECONOMICHE SUGGERITE.
Prof. Antonio ROMANO
Oggi, sono entrati in contatto con me diversi economisti chiedendomi di spiegare meglio la proposta di ieri contenuta nel mio articolo riguardante le politiche
fiscali, ieri concludevo il mio articolo sugli stati generali dell’economia tenuti a Roma con questa indicazione tecnica: “Politiche fiscali per lo sviluppo: riduzione del 50% del cuneo fiscale,
riduzioni allo 0% e al 2% dell’imposta di registro immobiliare, imposte dirette del 20% fisso sulle imprese a saldo annuale e senza anticipi, aumento delle imposte indirette (IVA al 25%) come
contro bilanciamento fiscale”. La proposta è parsa molto interessante perché va a CAPOVOLGERE quella che è la cultura fiscale italiana. Così ho pensato di spiegarla ulteriormente, dopo aver fatto
una premessa: nel mondo esistono paesi che privilegiano le imposte indirette rispetto alle dirette per le loro politiche di bilancio e di sviluppo. Normalmente i paesi che agiscono in un “mercato
economico e fiscale evoluto” (UK, Canada, Australia, Giappone, Corea del Sud, Germania, Finlandia, Francia, Austria, ecc.) usano le politiche del “pendolo fiscale” ovvero, negli anni, oscillano
tra dirette e indirette. In altri paesi con un “mercato più o meno maturo e non omogeneo” dove si ha una evasione fiscale significativa in forme differenziate (Italia, Russia, Brasile, Sud
Africa, Panama, India, Arabia Saudita, Messico, ecc.) si agisce o si DOVREBBE AGIRE (nel breve/medio periodo) sulle imposte indirette o meglio su alcune di esse (IVA) per sostenere il bilancio
dello stato e avere margine per welfare e investimenti strutturali.
La mia proposta nel caso dell’Italia, è studiata verso lo sviluppo economico, consolidando il gettito fiscale e può essere così spiegata:
1) Verso l’aumento del potere d’acquisto dei cittadini e a favore dello sviluppo economico:
A) Riduzione del cuneo fiscale del 50% su tutti coloro che hanno uno stipendio netto fino a 2.000 euro e del 25% su tutti coloro che hanno uno stipendio netto di 4.000 euro. Invariato per
tutti gli altri stipendiati. B) Riduzione delle imposte di registro immobiliare 0% prima casa e 2% sui successivi immobili. C) Tassa fissa del 20% sulle imprese di ogni ordine e grado a saldo
entro il 31 Marzo dell’anno successivo.
2) Verso l’aumento certo del gettito fiscale: IVA per solo tre aliquote, 7% su alimentari, beni di prima necessità e costruzioni, 15% su servizi
turistici e 25% su tutto il resto, eliminando le attuali e anacronistiche aliquote (4%, IVA sui generi di prima necessità; 5%, IVA su una ristretta categoria di beni e servizi; 10%, IVA su
servizi turistici, alimentari ed edili; 22%, IVA negli altri casi).
Avremmo ottenuto due effetti positivi: un forte aumento dei consumi, un forte aumento del potere d’acquisto di una platea di 19 milioni di dipendenti, un graduale e
forte sviluppo delle imprese e dell’occupazione, un immediato aumento del gettito di 32 miliardi. Se poi lo stato diventa più snello, contiene i costi e elimina gli sprechi, potremmo assistere a
un altro miracolo economico italiano. Auguri
STATI GENERALI DELL’ECONOMIA:
chiusi con parole, parole e parole. 22.06.2020
di Antonio ROMANO
Ieri alle 20, Conte ha chiuso gli Stati generali dell’economia a Villa Pamphilj. Il premier ha fatto sapere che vuole rinnovare il Paese snocciolando una serie di ipotesi che già da anni sono
state richieste a gran voce dalla parte più attiva e più avanzata della popolazione italiana. Vediamo le più importanti e poi vedremo anche quelle che mancano. Quello che impressiona gli
economisti di tutto il mondo, ancora una volta, è l’assenza totale delle più elementari regole economiche: piano, visione, progetto, meta, tempo, investimento, risultato. Ovvero, una serie de
parole messe in forma disordinata senza una logica economia e senza una logica sociale. Insomma, quanto di peggio può uscire fuori da una miscela di parole. Tutto il mondo si aspettava un piano
dopo 10 giorni di confronti ed invece ci si trova di fronte al nulla.
Con oltre 120 soggetti tra imprese, sindacati e associazioni, Conte giunge a una conclusione che tutti conoscono da mesi o da anni: “i consumi non stanno ripartendo, manca ancora la fiducia” e
per far ripartire subito il PIL, ipotizza il taglio dell'IVA, insieme allo sblocco dei cantieri e alla riduzione del cuneo fiscale, intesa come la "direzione giusta che dobbiamo perseguire" ed
anche perché dobbiamo "reinventare il Paese che vogliamo". Dunque ipotizza delle idee: modernizzare, transizione energetica e disegnare un'Italia più inclusiva. Poi aggiunge Alta velocità, fibra
ottica, sburocratizzazione e incentivi alle imprese per “un’Italia più inclusiva”. Infine si accorge dopo 30 anni (OCSE ipse dixit) che sarà necessario “contrastare la povertà educativa dei
nostri giovani e che bisogna investire tantissimo nell’università, in ricerca, nella formazione continua dei lavoratori, dei professionisti, dei dirigenti privati e pubblici”. Infine per
concludere il suo piano di sviluppo economico aggiunge la panacea di tutti i mali e una “potente idea economica”: la limitazione del contante, “Dobbiamo favorire i pagamenti digitali, il
cashless”.
Dopo questo ridicolo piano economico, dimentica di organizzare un corso intensivo di economia per tutti politici (lui in primis compreso) e aggiunge due parole su temi già avviati da anni in
tutto il mondo, presentandoli come nuovi: economia green, economia circolare, parchi eolici ed energia idrica, decarbonizzazione. Infine scopre che “noi abbiamo carenze in struttura, non abbiamo
capacità di spesa”.
Come detto, il piano annunciato, non è organico, non è tecnico, non è scientifico, non è intelligente, ed inoltre è vuoto, perché è mancante di un business plan, è mancante del regolatore di
redditività, è mancante del controllo input/output finanziario, mancante di vision. Insomma, un piano che è una serie di parole elencate in forma disordinata, senza un minimo di seria e
scientifica politica economica, fiscale e sociale. Annuncia infine che documento (piano economico), sarà definitivo entro fine mese e da lì si andrà a ricavare il Recovery Plan, da
presentare a settembre all'UE per ottenere i fondi comunitari.
Un piano economico per l’Italia, dovrebbe essere molto più articolato e scientifico, con tempi, investimenti e mete metriche, elaborato da specialisti, da scienziati economici e sociali e
dovrebbe riguardare aspetti complessivi di questo paese: ristrutturazione dello stato con abbattimento della burocrazia e della jungla legislativa che la sostiene, riforma complessiva della
giustizia e del sistema carcerario, riduzione dell’invadenza dello stato sul privato, alta formazione sociale, liberalizzazioni e eliminazioni di numeri chiusi, responsabilizzazione e merito per
tutti i dipendenti pubblici, un grande e organico piano di opere pubbliche essenziali per l’intero paese in trasporti, comunicazioni aria/terra/mare, digitalizzazione avanzata, investimenti
pubblici in marketing turistico, marketing del made in Italy, nel marketing del brand Italia. Politiche fiscali per lo sviluppo: riduzione del 50% del cuneo fiscale, riduzioni allo 0% e al 2%
dell’imposta di registro immobiliare, imposte dirette del 20% fisso sulle imprese a saldo annuale e senza anticipi, aumento delle imposte indirette (IVA al 25%) come controbilanciamento fiscale.
Come ampiamente dimostrato dai grandi economisti queste politiche fiscali aumentano il gettito e non riducono i consumi nel medio periodo. Questo era il piano economico che doveva uscire dagli
stati generali e non parole, parole e parole, senza senso e senza tempo.
Italia, il debito pubblico diminuisce, se lo stato spende meno e/o anche se cresce il PIL. - di Antonio ROMANO - Versione breve in Italiano. 10/06/2020
Ci sono troppe persone che parteciperanno agli “stati generali” a cui vorrei fare una lezione di economia. E vorrei partire dalla gestione del debito pubblico,
ricordando loro che si riduce in due maniere: da un lato contenere i costi dello stato e dall’altro investire in attività e infrastrutture produttive. In una sola parola aumentare il PIL del
paese e rimborsare i debiti accumulati nel tempo. Poi vorrei spiegare che è la creazione di ricchezza aggiuntiva che permette di ridurre il peso del debito pubblico e di ridare fiducia agli
italiani. Se vogliamo però raggiungere una superiore riduzione del debito pubblico e far decollare il paese, dobbiamo agire sia con tagli della spesa e sia con l’incremento del PIL e questo
sarebbe un processo virtuoso.
La politica economica del post emergenza covid19, deve essere fondata sulla crescita economica e non su meccanismi di creazione di nuovo debito che potrebbe portare
a un rapporto debito/PIL del 158 %.
Quindi è fondamentale investire tutto sulla crescita, perché da un lato aumenta il gettito per le casse dello stato e dell’altro riduce l’ammontare dei contributi
assistenziali per il welfare. Gli “stati generali”, solo se comprendono e partono da questi semplici concetti, potranno con difficoltà, far ripatire l’economia italiana dopo tanti contrasti
e ostracismo dello stesso stato sulle imprese italiane.
Ovviamente la ripresa deve essere accompagnata dai tanti cambiamenti ad iniziare della burocrazia dello stato. La parte più di valore della società (gli
imprenditori di ogni ordine e grado) indicano quattro ostacoli allo sviluppo degli investimenti in Italia: burocrazia statale, lentezza e inadeguatezza della giustizia, il livello della
tassazione, corruzione pubblica e politica. È necessario semplificare e in alcuni casi azzerare regolamenti e procedure per snellire la macchina amministrativa e obrogare le tante leggi per farne
poche e più chiare. Secondo la Banca Mondiale, nel confronto con i Paesi più avanzati, l’Italia si colloca in penultima posizione per i tempi di risoluzione di dispute commerciali, con una durata
di 850 giorni, seguita soltanto dalla Grecia (1.460 giorni). Mentre in Spagna e Francia bastano 335 giorni e in Germania 120 giorni.
Inoltre con una pressione fiscale media del 42,4%, secondo l’Ocse, siamo il sesto Paese per imposizione tra i grandi stati industrializzati. A questo bisogna
aggiungere che abbiamo una costosissima e burocratica amministrazione pubblica che funziona molto male e che secondo l’indice europeo sulla qualità della pubblica amministrazione, l’Italia è al
penultimo posto dietro solo alla Grecia.
In conclusione un Programma Nazionale del Cambiamento, porterebbe automaticamente a un aumento del PIL italiano del 4% annuo e le statistiche parlano chiaro:
l’Italia è ai primi posti nelle classifiche di inefficienza e ultima in quelle di merito. Gli stati generali dovrebbero capire che il “fattore tempo e il fattore conoscenza dell’economia” sono
fondamentali per evitare l’asfissia cronica di questo paese che è ricchissimo di risorse ma poverissimo di cultura e organizzazione dello stato.
S.O.S. ITALIA - DEBITO ESTERNO ? DEBITO INTERNO ? MES … 9° invio a Conte - short version di Antonio ROMANO
“Avv. Giuseppe Conte, credo che ancora una volta stia aspettando gli eventi, rimandando le decisioni, pertanto, come già detto 30 giorni fa, sin dalla mia prima comunicazione, la invito ancora una volta ad abbandonare i tentativi per gli eurobond, per il MES e per ogni altra umile richiesta di aiuto all'Europa e lanciare (come le ho suggerito già 8 volte) gli “ITALBOND SOS”, o i "SOLIDARIETA' ITALIANA" li chiami come vuole, cioè dei certificati di debito dello stato italiano a 36/60 mesi, fiscal free, non negoziabili, con interesse annuo fisso e netto dell’ 1% o 1,5% acquistabili solo da cittadini italiani, in distribuzione solo nelle poste e banche italiane. Tali certificati di debito sarebbero unici, acquistabili solo in Italia, con rimborso fisso a 3 o 5 anni, in sintesi sarebbe, come le ho già comunicato, un debito interno dello stato su base volontaria, totalmente differenti dai titoli di stato che invece sono sottoposti a spreed, sono acquistabili da chiunque, sono negoziabili e costano moltissimo allo stato tra interessi e ricatti internazionali (esempio Commerzbank).
L’emissione dei certificati, può essere continua per 12 mesi, secondo l’occorrenza, al fine di raggiungere la massa monetaria necessaria da investire. Le ricordo, ancora una volta, che gli interessi pagati ai risparmiatori, rimarrebbero nel mercato interno, dunque nelle mani degli italiani, dunque nel loro potere di acquisto.
Gli italiani hanno 4.300 miliardi di risparmi liquidi, mentre lo stato ha 2.500 miliardi di debiti: si affidi a chi sa risparmiare per cortesia sia oggi che in futuro.
Le ricordo ancora una volta che invio questa stessa richiesta ai leader politici italiani e a ex ministri esperti in Economia, nonché al sole 24 ORE e a noti opinionisti economici. La soluzione finanziaria alla crisi, gliel'ho fornita, adesso le chiedo di avere uno scatto di orgoglio nazionale, alzare la testa, trascurare per il momento l'elemosina europea, superare le vetuste resistenze della burocrazia dello stato e dei “guardiani dell’economia finanziaria classica”, ma soprattutto deve agire rapidamente, in quanto ha già perso troppo tempo, agisca !! ".
Disuguaglianze e povertà economica
Il pianeta Terra comincia ad essere iperpopolato.
Ma la razza umana ha delle responsabilità enormi verso l’inquinamento e verso la povertà. Ignoranza, arroganza, inciviltà, assenza di capacità di gestione e irresponsabilità politica sono alla base delle disuguaglianze e della successiva povertà economica.
Dunque, ecco, Stati ricchi e Stati poveri, società avanzate e società arretrate, luoghi inquinati e luoghi sani, uomini ricchi e uomini poveri.
Come risolvere il problema ? Sarebbe sufficiente fare il contrario di quello che si fa !!! Ma si vuole fare ?
Antonio ROMANO
16/09/2019
MARKETING: ECONOMIA DELL'ATTENZIONE DEI
CLIENTI E DEL MERCATO.
Commento sul libro di Marco Esposito.
di Antonio ROMANO.
Il contenuto del libro sembra il segreto di Pulcinella.
Tutti sappiamo questo da anni e tutti sappiamo che fu un accordo tra vincoli finanziari europei e debito della PA/enti locali italiani. Il piano fu più volte sottoscritto e confermato fra i vari governi comunitari e i vari Prodi, Ciampi, Berlusconi e D’Alema. Neanche e neppure i governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni cambiarono questa situazione. QUINDI TUTTI LO SANNO, NESSUNO LO SA, e tutti si meravigliano… quando si ricordano !!! Che paese strano.
Per ultimo, la questione delle ripartizioni delle risorse ai comuni non ha nulla a che vedere con la questione delle autonomie regionali che per me rimangono sicuramente oggetto di studio ma anche, ormai, di deleghe secondarie se vogliamo unire e migliorare parti dell’Italia. Credo che tutti abbiano compreso che l’unita e lo sviluppo di uno stato non si ottengono con le autonomie totali o con gli statuti speciali. Sono compiti, doveri e responsabilità dello stato: salute, giustizia, istruzione, infrastrutture, programmazione territoriale primaria, esteri, difesa, programmazione economica e finanziaria, turismo e politica economica nazionale.
Alle regioni dovrebbero essere lasciate deleghe minori, microeconomia, progetti specifici e mete sociali ed economiche da raggiungere... ma questo è un altro tema e fa parte di una cultura politica più evoluta al momento non raggiunta dalla cultura organizzativa del nostro Paese.
20/08/2019
Prof. Antonio ROMANO
Estratto Smart su Politiche Economiche degli Stati.
Di Antonio ROMANO.
"La questione tasse è un argomento complicato, il problema non è quanto si paga, ma come lo stato impiega queste risorse e cosa si riceve di ritorno da parte dello Stato. Ovviamente si deve opinare sull’utilizzo delle entrate dello stato, sui suoi costi, sulle scelte, sugli investimenti e sulla politica economica dello stesso.
Sappiamo che oggi le politiche fiscali e i relativi impieghi, determinano la direzione dello sviluppo socioeconomico di uno stato.
Io ho sempre suggerito di usare la leva fiscale per finanziare la crescita, quindi, gli investimenti sulle COSE e non sulle PERSONE.
Ma in Italia si fa il contrario...purtroppo”.
04/08/2019
Prof. Antonio ROMANO
Importante correzione finanziaria nei prossimi mesi: FED E BCE salveranno i mercati?
Da più parti si fanno strada le preoccupazioni sul sistema finanziario internazionale e quindi sui nostri investimenti finanziari. Ai vecchi problemi (debiti pubblici, guerra commerciale, disuguaglianze distributive) si aggiungono dei nuovi. Quindi i colossi mondiali come Morgan Stanley iniziano a ridurre l’esposizione nel settore azionario globale ai livelli più bassi degli ultimi 5 anni, andando su posizioni “underweight”. Secondo le stime di MS, i margini di rialzo di S&P 500, MSCI Europe, MSCI EM e Topix sono solo dell’1%.
Le ragioni del pessimismo si basano sulle basse previsioni di profitto dell’industria manifatturiera, nonostante una politica più accomodante delle banche centrali. Quindi alla recessione globale si aggiunge la preoccupazione di una correzione dei mercati, con la Borsa Usa su livelli insostenibili rispetto agli utili attesi. Tale correzione dei mercati si ipotizza entro il 31 luglio 2020, nonostante il taglio dei tassi di interesse della Fed che poco potrà fare contro il calo dei profitti delle aziende americane.
Il rapporto prezzo/utili é un indicatore determinante per il valore corretto delle azioni e purtroppo é in caduta sostanziale. Infatti Il rapporto Prezzo/Utili si muove attualmente oltre i 30 punti. Valori già visti prima della crisi della recente “bolla tecnologica” e prima della Grande Depressione degli anni ’30”, quindi un valido indicatore di instabilità.
Il mio consiglio é di procedere con cautela e a vista.
15/07/2019
Prof. Antonio ROMANO
NUOVO RECORD DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO: 2.373 MILIARDI DI EURO.
Il debito pubblico dell’Italia continua a crescere, anziché diminuire. La Banca d’Italia informa che in Aprile il debito dello Stato e delle sue amministrazioni è aumentato di 14,84 miliardi di euro rispetto a Marzo scorso. Con questa maggiore spesa, il debito é arrivati alla enorme cifra di 2.373,3 miliardi di euro. Nonostante le continue pressioni della UE, lo stato italiano non riesce a comprimere la spesa. I conti sono fuori controllo e la spesa corrente non si riesce a comprimere. Il rischio Italia e il successivo default diventano, purtroppo, una nefasta realtà. L’enorme e maggiore spesa dello stato italiano é proporzionale alla sua maggiore inefficacia.
17/06/2019
Prof. Antonio ROMANO
Festival dell’Economia di Trento 31 maggio. Relatori:
Andrés Rodriguez-Pose e Alexander Lembcke
Venerdì 31 Maggio a Trento é andata in scena ancora una volta una vecchia visione dell’economia o meglio, una visione dell’economia dominante che cerca di dare risposte sul tema “Povertà persistente, decadimento economico e mancanza di opportunità, causano malcontento nelle regioni in declino”. Insomma, la descrizione del circolo vizioso del decadimento con delle conclusioni ovvie, senza porsi nessuna domanda sui fattori che hanno causato il declino e senza, purtroppo, proporre soluzioni.
Il tema continuava affermando che “Molti di questi luoghi (regioni) si sono ribellati tramite un'ondata di populismo politico con forte radicamento territoriale”. E quindi, “come può la politica invertire questa
tendenza e offrire opportunità a coloro che vivono nei luoghi che non contano”?
Ecco questo nel Castello del Buonconsiglio di Trento al festival dell’economia. È stato quanto di più deprimente io abbia mai ascoltato nella mia vita. Non parlare delle cause del declino di intere regioni e di interi stati, senza una analisi sociologica di esse, mi é sembrato un metodo scientifico veramente insufficiente. Inoltre, non proporre delle soluzioni, delle terapie, dei progetti e limitarsi a considerare solo, cosa può fare la politica, per gestire l’andata di populismo, mi é sembrato come non vedere il problema, ovvero considerare il problema solo dal punto di vista della gestione del governo o dell’autorità burocratica dello stato. Studiare in anticipo le tendenze, prevenire il declino e programmare e gestire uno sviluppo é l’unica cosa concreta che la politica può fare in economia, ma questo tema non é stato ne pensato, ne dibattito e neanche sfiorato. L’unico effimero interesse era come contenere la ribellione populista e non come programmare lo sviluppo.
Trento 31 maggio 2019
Prof. Antonio ROMANO
CHE FARE ?
Dopo l’articolo di ieri, molti lettori mi chiedono quali soluzioni propongo per uscire dal tunnel in cui il nostro Paese da anni si é “infilato”. Le soluzioni non sono tante se vogliamo mantenere uno standard sufficiente di qualità sociale ed economica. Comincerei ad elencarne qualcuna a patto che la PA italiana decida di essere produttiva e non un semplice apparato burocratico nemico e ostativo per i cittadini. Allora vediamo almeno 10 punti, anche ci sarebbero altri 100 da risolvere:
1) stabilire un tetto massimo per tutti i costi pubblici annuali con una riduzione del 7% annuo (tale misura consentirebbe di assorbire i costi degli interessi del debito pubblico e contribuire alla riduzione dello stesso).
2) aggiungere vere funzioni commerciali e di rappresentanza a tutte le ambasciate italiane nel mondo (tipo ambasciata Canadese), per promuovere il Made in Italy.
3) aumentare la efficacia della PA riducendo e formando il personale e nel contempo aumentare velocemente la digitalizzazione.
4) Imposte Dirette IRPEF/IRES : Ridurre progressivamente cuneo fiscale (dipendenti e pensionati per aumento consumi ) e introdurre immediatamente una tassa piatta (Flat Tax) del 15% per tutte le imprese italiane (che devono avere sede fiscale e operativa in Italia, per far ripartire gli investimenti).
5) Imposte Indirette IVA: aumento fino al 24% per i primi due anni, (per finanziare inversione fiscale), dopodiché ridurla dell’ 1% ogni anno fino al 20%.
6) Ridurre fino al 2% tutte le imposte di registro (altra imposta indiretta). Misura rivoluzionaria, per favorire il commercio e il rilancio del patrimonio edilizio italiano.
7) Programma nazionale d’investimenti pubblici infrastrutturali.
8) Eliminazione di ogni “numero chiuso”: dalle università alle farmacie, alle licenze per ogni attività commerciali e di servizio.
9) liberalizzazione e apertura di nuove Università private, riduzione degli obblighi notarili, farmacie e sanità privata NON CONVENZIONATA (coesistenza e separazione netta tra servizio e lavoro pubblico, con quello privato dei medici, professori, biologi, ecc. con introduzione di parametri di produttività per il personale della sanità pubblica).
10) Giustizia: separazione delle carriere e miglioramento delle carriere secondo i risultati e non per anzianità, introduzione di parametri di responsabilità e produttività dei tribunali e dei giudici.
OVVIAMENTE, tutto questo riporterebbe molte categorie di persone a lavorare secondo principi di profittabilità e redditività, riducendo i privilegi e le posizioni parassitarie di comodo. Se vogliamo cambiare davvero bisogna stabilire dei target e cambiare le regole, certe consuetudini e soprattutto la mentalità e la formazione delle persone “strutturate” in posizioni parassitarie nella PA italiana.
16/05/2019
Prof. Antonio ROMANO
Le classi o ceti sociali secondo l’ISTAT e secondo altri istituti di ricerche sociali.
Per fare una distinzione dei ceti sociali italiani dobbiamo in primis distinguere tra un primo e secondo gruppo di famiglie:
1) esiste un 40% di esse, con componenti familiari inattivi o disoccupati o con retribuzioni low salaries (lavoratori atipici, impiegati parziali, living with welfare, disoccupati, fans of non-work, microartigiani, pensionati e assimilati);
2) Il resto, (60%) delle famiglie, hanno componenti che lavorano come impiegati, operai, lavoratori autonomi, quadri dirigenti, politici, artisti, liberi professionisti, sportivi, imprenditori, commercianti.
Questa distinzione descrive in forma generale l’Italia nelle sue condizioni socioeconomiche e demografiche attuali. Nella realtà il confine del 60% e del 40% non è così ben distinguibile è definito, fintantoché non si definisce il livello minimo di povertà. La povertà assoluta viene stimata dal Rapporto ISTAT nel 6% della popolazione mentre la povertà relativa si ferma solo al 12% della popolazione. Pertanto ancora oggi è lecito pensare che il ceto più basso possa essere al massimo del 6%, un ceto medio basso al massimo del 22%, un ceto medio seppur in diminuzione del 55%, un ceto medio alto del 10% ed infine un ceto alto del 7%. Ovviamente come si può intuire, il “motore” della società italiana è determinato dai ceti produttivi che sono tra il ceto medio e il ceto medio alto (65% in totale). Esattamente su queste classi sociali devono essere poste le migliori attenzioni politiche e socioeconomiche, mentre verso le classi sociali medio/basse devono essere poste le migliori attenzioni del welfare pubblico.
15/05/2019
Prof. Antonio ROMANO
SITUAZIONE ECONOMICA E SOCIALE ITALIANA
Sale ancora a febbraio il fabbisogno della PA italiana. Il debito pubblico aumenta e si porta a 2.363,7 miliardi, secondo la Banca d’Italia, a fronte di 2.293,6 miliardi dello stesso mese di un anno fa.
Ben 70 miliardi di euro di aumento, in un anno !!!! Intanto il governo “vede” un misero aumento del PIL dello 0,2% e l’ISTAT, come se non bastasse, comunica il calo a febbraio del nostro export dell’ 1,1%.
Infine e per non farsi mancare nulla, l’Italia secondo gli analisti di Moody’s, avrà, tra l’altro, nell’invecchiamento della popolazione, un enorme handicap per modificare l’economia e sostenere i pesanti conti pubblici.
Analizzando i dati OCSE, l’agenzia di rating dichiara che l’Italia, risulta essere il terzo paese più vecchio al mondo, con un’età media di 46 anni.
E visto dagli USA, sarà difficile che la vetusta demografia italiana, potrà ripagare l’enorme debito pubblico e nel contempo, sviluppare l’economia.
New York - 19/04/2019
Prof. Antonio ROMANO
Sociologia politica: ovvero “scienza delle connessioni” fra mutamento sociale,
mutamento politico e mutamento delle istituzioni.
Oggi, ho letto con interesse quanto scritto questa mattina dai membri delle chat e sempre di più, ritengo sia necessaria la costituzione di un laboratorio di idee per la stesura di un grande e nuovo programma politico che sappia incrociare le esigenze dei cittadini con le istituzioni e l’economia. Ovvero una sorta di
rifondazione politica che unisca territorio, cultura sociale ed economia. Oggi sappiamo che le istituzioni cambiano lentamente, mentre la società e gli uomini sono profondamente cambiati e profondamente cambieranno: tutti cerchiamo la qualità nella vita, in questa vita !!. Compito della nuova politica, è capire questo cambiamento e dirigerlo. Bisogna comprendere e studiare quello che sta accadendo, per poi inserirlo come base di un programma politico anch’esso in mutazione continua e all’unisono con il cambiamento sociale. Insomma sociologia politica applicata: ovvero “scienza delle connessioni” fra mutamento sociale, istituzionale e mutamento delle esigenze e dei bisogni dei cittadini.
La sociologia politica mantiene inscindibilmente insieme, istituzioni, processi e bisogni sociali, quindi, in accordo con Braungart e Kimmerling, non possiamo non tenerne conto nella nostra azione politica. Anche la sociologia del secolo passato, quella di Tocqueville, di Pareto, di Weber, non disgiungeva la dimensione politica dalle altre dimensioni della vita sociale (cultura, consuetudini, educazione, territorio, localizzazione, risorse, economia, creatività). Quindi oggi, per avere approvazione sociale alla guida politica, dobbiamo comprendere i bisogni che l’umanità chiede a gran voce. Di qui, la necessità di sviluppare e divulgare un programma politico che rispecchi e rispetti questi bisogni, un programma politico sicuramente rivolto al presente ma soprattutto al futuro e che non abbia, né i germi e né i contenuti, degli enormi errori programmatici del passato.
Prof. Antonio ROMANO
9 Aprile 2019
BOZZA del Decreto SBLOCCA CANTIERI: CANTIERE BASILICATA
di Antonio ROMANO
La bozza del decreto Sblocca Cantieri, finalmente è diventata realtà da discutere e da approfondire prima che diventi un decreto definitivo. Tra le tante opere italiane progettate e incompiute, parzialmente
compiute, obsolete e ferme, ci sono anche le 10 OPERE INFRASTRUTTURALI PIU’ IMPORTANTI E URGENTI IN BASILICATA, sulle quali, fare una battaglia con grande determinazione affinché questa “importanza e urgenza” diventi priorità per il governo:
1) Completamento e raddoppio parziale della SS 95 Variante Tito (svincolo Potenza – Sicignano) – SS
598 (Brienza) – Autostrada SA/RC.
2) Velocizzazione e ammodernamento della linea ferroviaria Battipaglia-Potenza-Metaponto: Costi:
1.167 milioni di euro, di cui solamente 32 milioni disponibili.
3) Frana di POMARICO: al momento nessun progetto esecutivo, solo interventi di messa in sicurezza
parziale.
4) Progetto con raddoppio della S.S. 7 tratto Matera-Ferrandina e completamento della rete ferroviaria
regionale (Ferrandina – Matera): al momento solo pseudo studi senza nessuna fattibilità concreta.
5) Raddoppio e ammodernamento della S.S. 658 – Potenza -Melfi – Ofanto – Autostrada Napoli Bari.
6) Completamento, ammodernamento e raddoppio parziale della S.S. 655 Bradanica (Ofanto – Matera) con estensione a SP 380 (Lago di San Giuliano – Metaponto.
7) Raddoppio del raccordo MATERA tra S.S. 99 (MT/BA) e S.S.7 (MT/Ferrandina).
8) Velocizzazione e ammodernamento della linea ferroviaria Potenza – Foggia.
9) Ammodernamento della E 847 Basentana (Sicignano – Metaponto).
10) Completamento, ammodernamento e raddoppio parziale della S.S 653 Sinnica (Autostrada SA/RC – E90 Ionica).
Le forze politiche, sociali e culturali lucane dovrebbero per la prima volta, fare una potente battaglia per ottenere tutto questo in tempi certi.
Roma 3/04/2019
Prof. Antonio ROMANO
Proposte per il DEF 2019 e per una New Economy.
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano, nel 2019 non crescerà, le stime variano a seconda della fonte (OCSE - 0,2%, Governo +0,4%, UE un tondo 0%). Nel frattempo il debito pubblico continuerà a crescere almeno fino a quando i costi e le spese non qualitative dello stato italiano non diminuiranno.
La condizione fondamentale della sostenibilità di un debito pubblico è che il tasso di crescita dell’economia di un paese, sia superiore al tasso d’interesse che serve per remunerare il debito. Ovviamente maggiore è il debito, maggiore è il rischio paese. Maggiore è l’instabilità politica, maggiore è la preoccupazione degli investitori, maggiori sono le spese inutili, maggiore sarà il debito e l’inefficienza dello stato. Nella storia economica del bilancio dello stato italiano il rapporto peggiore tra debito e PIL è stato nel 1920 (PIL molto basso a causa dell’evento bellico della prima guerra mondiale) dove aveva raggiunto il 18% in più del debito di oggi. Naturalmente anche alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1944/1945, il rapporto debito/PIL era aumentato fino al 110% , ma in entrambi i casi eravamo nei postumi di una guerra mondiale. I dati di oggi, paradossalmente e a condizioni mutate, assomigliano a quelli postumi di una economia di guerra e oggi, tutto questo, rende l’Italia fragile ed esposta nella finanza pubblica come nei periodi post bellici. Occorre muoversi per far ripartire la crescita, occorre un cambio radicale di mentalità, bisogna aumentare la produttività, aumentare il commercio interno ed esterno, aumentare gli investimenti in infrastrutture, diminuire le tasse sulla produzione, diminuire drasticamente la burocrazia pubblica, diminuire i costi dello stato, quindi, aumentare il PIL . La nostra crescita passa anche attraverso una maggiore efficacia ed efficienza del sistema economico, una cultura formativa moderna, maggiori investimenti economici ed infrastrutturali. Uno stato capace di sommare scelte continuamente errate che hanno annichilito un popolo creativo come gli Italiani. La produttività italiana è cresciuta molto meno della produttività dei paesi UE e ancor meno di molti paesi sparsi nel mondo. E’ mancata quasi del tutto “l’efficacia multifattoriale del sistema Italia” cioè la realizzazione dei RISULTATI legati alla modernizzazione delle strutture, alla managerialità, alla digitalizzazione, allo sviluppo dei talenti, alla meritocrazia, alla formazione economica e culturale. In sintesi: un Paese NON CRESCE se mette le persone non adeguate nei posti che contano e producono, un Paese non cresce, se non ha una moderna cultura manageriale nella gestione dell’amministrazione dello Stato. L’Italia è il paese d’Europa che investe meno in Cultura di scienze innovatrici, in cultura scientifica, in cultura economica. A completare il nefasto quadro, si aggiungono tutte le politiche di repulsione economica messe in campo dalla classe politica e che ogni investitore italiano e estero ha purtroppo sperimentato negli ultimi 50 anni: tassazione sempre più alta, remunerazioni da capitali e lavori sempre più tassate, burocrazia statale che funge da ostacolatore e non da facilitatore, mancanza di infrastrutture di minima, mancanza di politiche attrattive per facilitare l’arrivo dei capitali. Insomma uno Stato incapace di gestire la sua stessa economia, la sua stessa organizzazione e che nel tempo, si è trasformato in un mostro burocratico ed infine, in un pericoloso nemico per gli italiani che vorrebbero fare qualcosa di positivo.
Prof. Antonio ROMANO
STATO DELL’ARTE DELLE POLITICHE ESTRATTIVE IN ITALIA.
Nel Decreto Semplificazioni, vengono bloccate per 18 mesi le assegnazioni delle concessioni per la trivellazione di gas e petrolio in Italia e nelle acque territoriali italiane, estese alle aree di protezione marina. Tale blocco avrà un impatto significativo sul settore degli idrocarburi in Italia. I progetti di esplorazione e ricerca di alcune aziende estrattive saranno rivisti completamente e restrittivamente nel breve periodo. La moratoria inserita nella legge del febbraio 2019, blocca e penalizza fortemente lo sviluppo del settore petrolifero italiano. Il decreto stabilisce la sospensione temporanea per 18 mesi delle nuove licenze. Il D.L. non impatta le concessioni per la produzione in fase di assegnazione o già assegnate. In Italia la produzione di idrocarburi è di 184.000 barili al giorno (82% dalla Basilicata) e soddisfa il 10% dei consumi nazionali di petrolio, mentre la produzione di gas (in aumento costante grazie ai giacimenti lucani) soddisfa per il momento solo l’8% dei consumi. La moratoria governativa viene giustificata da un piano (allo studio) per una rapida transizione energetica/ecologica del nostro Paese, pertanto, in tale attesa, sono bloccate ogni nuova concessione.
Roma 2/04/2019
Prof. Antonio ROMANO
Marketing: TIME LAPSE o TIMELAPSE e economia del tempo.
TIME LAPSE o TIMELAPSE, uso in economia del tempo e nel marketing.
La tecnica TIME LAPSE o timelapse (time = tempo e lapse = intervallo), velocizza gli eventi, quindi riduce il tempo della visione dell'evento, ma non l’evento stesso, potrà essere usata in economia, nel marketing e nelle produzioni? Il tempo deve essere considerato la variabile fondamentale insieme all'innovazione delle attuali e future scelte imprenditoriali, dunque, si tratta di comprimere il processo aziendale ottenendo lo stesso risultato prima degli altri, evitare i colli di bottiglia e le strettoie della competizione. Il mio suggerimento nell'uso del TIMELAPSE nel marketing creativo delle aziende, è quello di anticipare i bisogni dei clienti o creare il bisogno del cliente prima che questo emerga da quel sonno catartico antecedente l'emersione. Dunque, tutto dovrà essere legato al TEMPO e alla nostra capacità di vedere il processo nel minor tempo possibile. Ovvero vedere l'intero iter dimezzato nel tempo o ridotto di quel tanto che è necessario per essere vincenti. E oggi, è ancor di più in futuro, le aziende hanno bisogno di concludere i loro progetti in tempi record, dunque, sia che siano nuovi prodotti e sia che siano servizi innovativi, ha poca importanza. Bisogna arrivare alla soluzione in tempi sempre più brevi, l'intero iter dovrà essere percorso tutto fino in fondo, ma in tempi sempre più corti. Un giorno l'iter dovrà essere immaginato creativamente, visionato e verificato in tempi strettissimi con tecniche timelapse e realizzato da intelligenze e automatismi in tempi strettissimi.
Questa è la mia visione del TIMELAPSE in economia del tempo e nel marketing creativo.
New York - Marzo 2019
Prof. Antonio ROMANO
A Giugno parte il Fondo Nazionale Innovazione (FNI) a favore delle Start Up e non solo.
Con start up e innovation, l’Italia è partita dopo agli altri Paesi europei, ed inoltre, continua ad andare a velocità ridotta rispetto agli altri. Qualcosa è stato fatto ma è rischioso accontentarsi delle briciole. Abbiamo bisogno di accelerare e questo deve essere la meta del Fondo Nazionale Innovazione.
Ma che cosa è stato detto e fatto a Torino nei giorni scorsi ?
Cercherò di chiarire e rispondere alle domande:
1. Il FNI sarà creato grazie a quali capitali? Con i capitali in dotazione a Invitalia Ventures il cui 70% potrà essere acquisito da Cassa Depositi e Prestiti: 440 milioni che poi raddoppierà in seguito per un totale di 880 milioni di euro.
2. Il FNI che tempi avrà di realizzo? A marzo (ci sarebbe!!) il passaggio della quota di controllo di Invitalia Ventures a CDP, poi 60 giorni per le osservazioni di Banca d’Italia.
3. Come investirà il FNI? Direttamente e indirettamente, si adotteranno due modelli. Sia capitali per gli operatori italiani del venture capital ed anche investimenti diretti sulle startup.
4. Chi gestirà il FNI? Non è stato ancora definito.
5. Altri fondi per investire in startup? In futuro la somma di 90 milioni di euro sarà gestito dal MISE che investirà direttamente sulle startup.
6. E il Fondo Italiano Investimenti che fine farà? Tale fondo sarà riorganizzato, ridimensionamento e forse la liquidato.
7. Società di Investimento Semplici (SIS): sarà avviata e le startup dovrebbero avere un accesso più semplice agli acquisti della Pubblica Amministrazione.
8. Sede FNI: è stato deciso che sarà a Roma.
CHE DIRE? L’idea di un FNI è buona, però, come sempre, tardiva. Lentezza, burocrazia dello stato erogatore e imprenditore, mancanza di inventiva (che per l’innovazione è un KaraKiri) Pur tuttavia, anche se in ritardo, adesso, bisogna trasformare l’idea in azione rapida ed infine, in atti realizzativi concreti. Infatti nel 92% dei casi, si riscontra sia l’insuccesso della iniziativa pubblica sulle start up ed anche i casi di under performance delle stesse. La facilità, la trasparenza, la velocità, la semplicità delle procedure anche in questa nuova iniziativa dello stato, sono purtroppo insufficienti, ormai, come sempre..
Torino - 09/03/2019
Prof. Antonio Romano
FINANZA E CONTI PUBBLICI.
Short information di Antonio ROMANO
Nel 2018 l’ISTAT comunica che il rapporto tra deficit e Pil si è fermato al 2,1%. Un valore superiore alle stime del governo che calcolava un deficit all’1,9% del Pil. Anche il debito pubblico italiano ha raggiunto il 132,1% del Pil contro il 131,3% del 2017 e contro le stime del governo del 131,7%. Che dire ? Mentre tutti i paesi europei si sforzano per migliorare i conti pubblici, il governo italiano li peggiora volontariamente. Sarebbero necessarie politiche economiche espansive, nonché una grande spinta formativa sulle giovani generazioni e tante altre iniziative economiche.
ROMA - 3/03/2019
Prof. Antonio ROMANO
Debito pubblico anno 2018 - risultati definitivi.
La Banca d’ Italia fa il punto della situazione sul debito pubblico complessivo dello Stato Italiano e delle sue amministrazioni pubbliche alla fine del 2018 in riferimento al debito pubblico alla fine del 2017.
Il risultato definitivo è il seguente:
Il Debito pubblico consolidato al 31/12/2018 su base annua ha raggiunto i
2.316,7 miliardi di euro, quindi è aumentato ancora rispetto ai 2.263,5
miliardi raggiunti a fine 2017.
Tale aumento del debito di ben 53,2 miliardi di euro è composto dall’aumentato fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche per 40,6 miliardi di euro, dall’incremento delle disponibilità liquide del Tesoro ed infine di altre spese pubbliche in via di definizione (scarti e premi all’emissione e al rimborso della rivalutazione dei titoli indicizzati), ha accresciuto ulteriormente il debito.
Quindi, anche quest’anno, si chiude con un incremento del debito pubblico italiano. Il tutto si manifesta di fronte a una riduzione del PIL e a una situazione economica stagnante. Che fare ?
Sono necessarie nuove strategie economiche, sono necessari cambiamenti culturali dell’uso del danaro pubblico in investimenti, strutture, ricerca e modernità.
Sono necessari i controlli non tanto nella società civile e produttiva, quanto nella pubblica amministrazione che continua a produrre costi improduttivi a danno dell’intera collettività.
E’ necessaria la creazione di un osservatorio dei prezzi degli acquisti pubblici che sia in grado di confrontarsi con la media dei prezzi europei, è necessario introdurre il risultato come metodo comparativo di efficienza ed efficacia dei dipendenti pubblici, nonché la progressiva riduzione della
burocrazia statale che è improduttiva e costosa.
20/02/2019
Prof. Antonio ROMANO
PROGRAMMARE attraverso la demografia il progetto socio economico per l’Italia.
Partendo sempre dai dati, ci siamo chiesti quanti abitanti hanno vissuto in Italia, nel 2018? Sono stati 59.788.000 compreso 5.144.000 di stranieri residenti: più o meno 100’000 persone in
meno rispetto al 2017. A questi, bisogna aggiungere i clandestini che si stimano tra i 450.000 e i 550.000 individui.
Per il decimo anno consecutivo (Minimo storico), le nascite registrano ancora una diminuzione: nel 2018 ne sono state calcolate circa 444'000 in totale.
Gli italiani che si sono trasferiti all’estero nel 2017 sono stati ben 122.000. Il dato AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) dice che sono poco oltre 5 milioni, nel 2018, gli
italiani viventi trasferitisi negli anni in 194 nazioni estere. Inoltre sta diventando sempre più importante il fenomeno della Sun Migration (Portogallo, Spagna, Canarie in particolare): sempre
più persone pensionate decidono di emigrare, in Stati con un clima caldo e profittare di un regime fiscale più calibrato alla qualità dei servizi offerti. Il quadro a questo punto è chiaro:
L’Italia è attrattiva per i flussi migratori rivenienti da paesi socio economicamente arretrati ed è repulsiva con i nostri giovani e anziani.
Nel mondo la popolazione cresce, mentre, in Italia decresce nonostante l’apporto demografico dei migranti.
Tale depauperamento demografico incide anche sul sentiment economico e sulla forma mentis degli abitanti.
La dimostrazione di quanto affermato, oltre che nei dati, lo si desume anche dalle risposte dei sondaggi. Infatti sono sempre di più gli italiani che vedono il loro futuro all’estero, come sono
sempre di più gli abitanti del Sud Italia che vedono il loro futuro come studenti, come imprenditori e come professionisti nel nord Italia o all’estero.
Per poter progettare un futuro roseo per il nostro Paese, bisognerebbe migliorare questo quadro demografico negativo e attrarre le migliori forze e energie umane e di là ripartire con un PROGETTO
ITALIA che dia felicità e qualità della vita alle future generazioni.
20/01/2019
Prof. Antonio Romano
Debito pubblico Italiano: aumenta sempre di più !!! Rischio default ?
A novembre, nonostante le ingenti entrate fiscali degli anticipi 2019 il debito dello Stato registra un AUMENTO e raggiunge i 2345,3 miliardi di euro contro i 2327 miliardi del mese di settembre.
Lo rende noto oggi Bankitalia. Che dire ancora ? Cosa fare concretamente ? Vediamo....
1) Non si può e NON SI DEVE gestire un Paese aumentando il debito per sostenere una spesa pubblica improduttiva e senza controllo.
2) la macchina dello stato va rivista completamente: costa troppo, non rende e produce problemi ai cittadini.
3) L’aumento del debito, in assenza di un progetto per l’Italia di medio/lungo termine, provoca una incontrollata deriva finanziaria e un futuro fosco per noi e i nostri successori.
4) il paradigma secondo il quale i consumatori ed anche distruttori di valori economici (amministrazione dello stato) devono vivere sui produttori di economia (creatori di valori economici),
DEVE ESSERE INDEROGABILMENTE INVERTITO.
Le proteste dei “gilet jaunes” (gilet gialli) a Parigi, ne sono un esempio plateale. Gli Stati che si limitano a “schiacciare” i cittadini con tasse e burocrazie varie, sono figli di una cultura amministrativa obsoleta, sicuramente inefficiente e certamente inefficace.
L’Italia ha bisogno di una cultura socioeconomica completamente diversa.
L’attuale “cultura” sta portando il paese alla rovina e al default.
15/01/2019
Prof. Antonio ROMANO
LISTE D’ATTESA: UNA STORIA MAI AFFRONTATA.
Accettare il concetto delle liste di attesa è già uno scandalo, inoltre significa accettare anche una legge già non favorevole ai cittadini : “il malato ha diritto alle prestazioni mediche entro tempi certi che sono:
30 giorni per le visite mediche specialistiche;
60 giorni per gli esami diagnostici”,
ed infine e inoltre, significa accettare anche tutte le rovinose anomalie del SSN e la sua rovinosa ramificazione regionale, ovvero:
1) numero chiuso per la facoltà di medicina.
2) nessuna selezione del personale per profilo psicologico.
3) nessun contratto che impone un rendimento certo in termini di risultati del personale.
4) pochissima competizione tra pubblico e privato.
Come si risolve il problema ?
1) eliminazione del numero chiuso nella professione medica.
2) selezione del personale medico pubblico per profilo e talento.
3) divieto assoluto per i medici pubblici di fare qualsiasi attività privata.
4) eliminazione completa della intramoenia.
5) scelta di manager veri e non politicizzati.
Si raggiungerebbero tre obbiettivi:
1) nessuna lista d’attesa.
2) almeno 100.000 medici in più rispetto agli attuali.
3) maggiori servizi, maggiore competizione, minori costi e maggiore occupazione.
Un sistema sanitario pubblico e privato in competizione e non un mummificato SSN inefficiente e costosissimo.
Sembra una rivoluzione? No, solo buon senso e scelte fuori dai voleri delle lobby e dalla cultura dell’essere pazienti e non cittadini con diritti.
08.12.2018
Prof. Antonio ROMANO
Bomba debito mondiale e debito Italiano, quando esploderà?
Le stime del Fondo Monetario Internazionale dicono che il debito globale è di circa 145.000 miliardi di euro.Se dividiamo questa cifra per i sette miliardi di
uomini che vivono sul pianeta, si ottiene un debito di 20.714 euro a testa (In Italia molto di più, 39.180 euro per persona e…. solo con il debito pubblico !!! Siamo indebitatissimi !! A questa
cifra bisogna aggiungere il debito dei privati).Come è ovvio, pochi individui riuscirebbero a pagare tale somma. Infatti come è notorio ci sono almeno 3 miliardi e mezzo di individui che vivono
con meno di 3 euro al giorno. Metà del nostro pianeta non potrebbe pagare l’enorme debito contratto dai governi e dai privati.Senza che ce ne accorgiamo, stiamo vivendo nella maggiore “bolla del
debito” della storia umana. Il debito pubblico ed anche quello privato, continuano a crescere a un ritmo superiore alla crescita del Pil mondiale. In sintesi ci indebitiamo di più di quando
produciamo e di quanto possiamo.Finora siamo andati avanti cosi, in quanto al crescere del debito è cresciuta (meno) l’economia globale, ma se dovesse esserci una inversione della crescita il
sistema imploderebbe.Bill Gross, uno dei più rispettatati esperti di finanza al mondo, afferma che “il nostro sistema finanziario altamente indebitato, è come un camion carico di nitro glicerina
che percorre una strada accidentata, sperando di non incontrare una buca che potrebbe far esplodere tutto“.Il binomio, debito e costo del denaro devono essere monitorati con grande attenzione per
comprendere se i soggetti debitori sono in grado di pagare i loro debiti.Ora, il rapporto tra i tassi crescenti del debito e Pil con crescita inferiore, potrà generare manifestazioni tipo Lehman
Brothers, ovvero fallimento di banche e brokers.Il problema si manifesta anche al contrario, infatti, se i tassi del debito sono troppo bassi con un Pil inferiore alla crescita del debito, allora
il sistema finanziario imploderà in un altro modo, in quanto gli investitori, non saranno capaci di generare redditi sufficienti per offrire servizi, remunerare il capitale e pagare il circolo
vizioso del crescente debito, nel quale ineluttabilmente sono coinvolti.Come uscirsene? Come evitare che la bomba del debito esploda in Italia e nel resto del mondo?Purtroppo esiste un unico
modo: PRODURRE DI PIU’, EVITARE DI AUMENTARE IL DEBITO DEGLI STATI, ESSERE PIU’ VIRTUOSI E MENO SPRECONI, RIDURRE IL PESO E LA BUROCRAZIA DELLO STATO, LIBERARE LE RISORSE ECONOMICHE BLOCCATE
DAGLI STATI.Per fare un esempio chiaro sul problema del debito, in Italia, bisognerebbe ridurre del 50% il lavoro pubblico. Bisognerebbe creare maggiore occupazione produttiva, liberandosi dai
numeri chiusi, dai troppi vincoli, dai troppi “pseudo occupati” pagati con soldi pubblici dal rendimento scarsissimo, quindi, ovviamente senza mete e naturalmente senza risultati economici.
Insomma, uno stato più snello e efficiente, più economico e meno costoso. Uno stato capace di pagare il suo debito, ma soprattutto capace di ridurlo marginalmente del 10% all’anno, in quanto
chiunque, può ridurre i propri costi del 10% annualmente e quindi avere le risorse per pagare i suoi sperperi accumulati negli anni.
07.12.2018
Prof. Antonio ROMANO
Mentre lo Stato Italiano, Regioni ed Enti Pubblici sprecano e investono in spese improduttive, FCA investe 5,2 miliardi di euro e nessuno in Italia se ne accorge.
Il DEF, gli aggiustamenti richiesti dall’Europa, le risposte del governo italiano, tutto sembra andare in una sola direzione: aumento della spesa in cambio di consenso politico. Ma quando, il quadro economico e il debito pubblico italiano peggioreranno, anche il consenso andrà in fumo.
La direzione dello stato italiano negli ultimi anni, va sempre nel verso errato, ovvero, inesistenti investimenti sui valori tecnologici e
produttivi e nessuna programmazione economica verso lo sviluppo. Di contro, abbiamo, spese irragionevoli e senza controllo fatte su indicatori non economici, con relativa esplosione del debito
pubblico. Lo stato italiano sembra prigioniero di una subcultura economica e sociale, assurda e ridicola.
Grazie a Dio esistono ancora i privati che producono e esportano, grazie a Dio esiste una bellezza artistica e paesaggistica straordinaria che
consente l’arrivo di milioni di turisti, ma purtroppo tutto questo VALORE viene distrutto sistematicamente da uno stato burocratico, costoso, inefficiente, inefficace e mostruosamente
disorganizzato.
Grazie a Dio una ex impresa italiana (FCA), costretta a fuggire all’estero dalle “inospitali leggi italiane” e andando controcorrente, pensa in
positivo e per il suo e il nostro futuro, dichiara e progetta un’espansione straordinaria proprio in Italia.
Infatti l’amministratore delegato Mike Manley e il responsabile delle attività europee Pietro Gorlier, hanno presentato un piano industriale, su tre
i punti salienti:
1) 5,2 miliardi di investimenti nel 2019-2021 negli stabilimenti italiani.
2) tredici nuovi modelli di auto prodotti negli stabilimenti italiani.
3) l’obiettivo dichiarato della piena occupazione entro la fine 2021.
Dunque, ecco una parte del piano FCA: la Fiat 500 elettrica a Mirafiori, il SUV compatto Alfa Romeo e Fiat Panda a Pomigliano, il SUV compatto
Maserati a Cassino, ed inoltre, a Melfi, l’investimento più importante: oltre alla produzione della 500X, della Jeep Renegade e tra qualche mese della Jeep Compass, durante il 2020 inizierà la
produzione della Jeep Renegade ibrida plug-in che aprirà l’era dei motori verdi e trasformerà FCA Melfi nella più importante fabbrica in Europa del Gruppo Fiat Chrysler.
Grazie a Dio, la FCA, non dimentica di avere ancora un residuo di DNA italiano e continua a investire in Italia su marchi riconosciuti a livello
mondiale come Ferrari, Maserati, Alfa Romeo e addirittura riesce a portare in Italia la produzione di un marchio mondiale come Jeep.!!! Il tutto, naturalmente, nell’indifferenza totale dei
politici, della politica e della stampa di questo paese e intanto, in tutta questa indifferenza, il PIL italiano nel terzo trimestre 2018 diminuisce dell’ 0,1% anziché, crescere. Povera
Italia.
01.12.2018
Prof. Antonio ROMANO
Economia italiana a Novembre 2018.
Ci siamo, come già detto e come previsto, l’Europa boccia la manovra italiana ed anche l’OCSE riduce ancora una volta le stime sul PIL italiano ed inoltre, prevede un deciso aumento del disavanzo dei conti pubblici. Secondo l’OCSE, “la ripresa italiana ha perso la spinta”, dunque per questa ragione l’aumento del PIL per il 2018 (target) è stimato intorno all’1% “a settembre era 1,2% e a maggio 1,4%” e le previsioni 2019 sono in ulteriore diminuzione a +0,9% ed anche per il 2020, nella migliore delle ipotesi.
Anche secondo il costituendo e indipendente Istituto di ricerche economiche JOBS, se vengono realizzati i must della manovra italiana (reddito di cittadinanza, Flat Tax, Quota 100) senza un contenimento della spesa corrente del 3,5%, il deficit dei conti pubblici si prevede al 2,4% del PIL nel 2019 e al 3% nel 2020. Mentre il debito pubblico, senza un contenimento medio della spesa corrente del 3,5%, si dovrebbe attestare intorno al 133% quest’anno, mentre sarà del 134% nel 2019 e 136% nel 2020. In queste condizioni e con l’attuale gettito, la crescita del PIL in termini reali nel 2018 non dovrebbe superare l’1% e mediamente non di più dell’ 0,8% nel 2019-2020 !!!
IN SINTESI LA CRESCITA PIÙ BASSA D’EUROPA E IL DEBITO PIÙ ALTO D’EUROPA.
Anche l’ISTAT vede al ribasso le previsioni per il PIL nel 2018 e si aspetta una crescita ottimistica del prodotto interno lordo dell’1,1% per quest’anno, “in rallentamento” rispetto al 2017 quando il PIL era aumentato dell’1,6%.
Riteniamo che occorre modificare urgentemente e radicalmente le politiche economiche e agire contemporaneamente sulla “struttura e cultura dello stato” in termini non solo di efficienza ma soprattutto di efficacia.
Passare dalla cultura consuntiva a quella preventiva del bilancio e della amministrazione dello Stato Italiano è l’unica soluzione per mettersi al passo degli altri Paesi.
22.11.2018
Prof. Dr. Antonio ROMANO
Termometro in salita sul Debito pubblico Italiano.
A settembre, nonostante non sono ancora partite le “costose iniziative governative” il debito dello Stato registra un aumento e raggiunge i 2331 miliardi di euro
contro i 2327 del mese precedente. Tanto si desume dal Bollettino Statistico di Bankitalia , secondo cui, in un solo mese, l’aumento è stato pari a 4,7 miliardi di euro. Che dire ?
Non si può e NON SI DEVE gestire un Paese aumentando costantemente il debito per sostenere una spesa pubblica improduttiva e senza controllo. L’aumento del debito,
in assenza di una regola programmatoria (e il DEF non lo è da anni), provoca una pericolosa e incontrollata deriva finanziaria.
19.11.2018
Prof. Antonio ROMANO
Debito Pubblico Italiano: mia critica parziale sulla proposta fatta dall’economista della Bundesbank Karsten Wendorff alla Frankfurter Allgemeine Zeitung.
Articolo di Antonio ROMANO
In un mio articolo del 2011, riassumevo l’ammontare del debito pubblico italiano del 2010 in 1.843 miliardi di euro su un PIL di 1.548 miliardi, ovvero un debito che era il 119% del PIL, (al 31/12/2017 debito = 2.263 miliardi di euro, su un PIL di 1.724 miliardi che equivale al 131 % del PIL) e suggerivo una proposta al governo italiano di negoziazione del debito pubblico sul mercato interno con un tipo di Bond che io chiamavo di Rispetto del Risparmio Privato (BRRP) al fine del contenimento dello spread e del ritorno sul mercato interno degli interessi sui BRRP. Suggerivo inoltre la coeva riduzione della spesa pubblica complessiva e la qualificazione degli investimenti pubblici.
Tale Bond che io ho proposto aveva delle caratteristiche specifiche:
1)era su base volontaria.
2)si riferiva ai soli cittadini italiani.
3)garantiva il capitale e un interesse minimo legato al l’inflazione annuale ed al costo del danaro.
4)aveva una durata di un anno con montante finale.
Ieri, improvvisamente, sono stati pubblicati i suggerimenti sul debito pubblico italiano da parte dell’economista della Bundesbank, Karsten Wendorff, rilasciati alla Frankfurter Allgemeine Zeitung.
L’economista tedesco afferma che anziché chiedere aiuto ai partner europei, il governo italiano dovrebbe attingere all’ ampio risparmio privato dei suoi cittadini (4.169 miliardi di euro, uno dei più alti d’Europa) costringendoli ad investire in titoli di Stato una fetta consistente del loro patrimonio. Questa é la provocatoria ricetta proposta da Karsten Wendorff.
Il fondo, sarebbe finanziato da “bond nazionali di solidarietà” che gli italiani sarebbero obbligati a comprare per un ammontare pari al 20% della loro ricchezza netta. A questo ritmo, secondo Wendorff, “quasi la metà del debito pubblico (in realtà solo il 33%) potrebbe essere convertito in bond di solidarietà ”.
E infine aggiunge “i titoli di Stato di solidarietà nazionale pagherebbero comunque un rendimento e non si tratterebbe di un prelievo forzoso ma un investimento forzoso”.
Analizzando questa proposta, mi pare che la mia proposta, era antesignana e purtroppo apprezzata all’ estero più che in Italia. Oggi scimmiottando la mia proposta di 7 anni fa, alcuni economisti ritornano sull’ argomento con proposte similari e decisamente più aggressive, meno democratiche e dal sapore vagamente impositivo.
28/10/2018
Prof. Antonio ROMANO
QUANDO SI CONFONDONO LE POLITICHE SOCIOECONOMICHE CON L’ECONOMIA.
Per la prima volta, nella storia dell'Europa comunitaria, la manovra del Governo Italiano viene bocciata e viene bocciata su cosa fondamentalmente ?
Sul deficit di bilancio che si accumula al debito pubblico italiano.
La Commissione, se il DEF non viene cambiato, potrebbe aprire una procedura di infrazione per deficit eccessivo.
La preoccupazione di Bruxelles è sul deficit annuo, dichiarato transitorio dal DEF e assorbibile in uno o due anni da un aumento ottimistico e presunto del PIL.
L’economia per crescere almeno nella media europea, deve essere organizzata su basi economiche e non su basi politiche.
Le politiche economiche italiane non rispondono a concetti basici dell’economia e quindi alla creazioni di valori economici, invece, esse, rispondono a concetti di di offerta di un benessere, indotto creato dal debito pubblico.
Oggi, nel mondo che conta, l’economia è nelle mani di specialisti che progettano il futuro.
In Italia l’economia è lasciate alle “politiche economiche ruspanti” che progettano un crescendo rossiniano del debito, quindi un falso, effimero e momentaneo benessere. In sintesi, la decadenza dell’economia in cambio di potere politico.
Purtroppo concetti di Value economy, in questo paese sono fuori dalla nostra cultura economica. A questa conoscenza andrebbe sommata una gestione restrittiva e continua della spesa pubblica che dovrebbe, tra l’altro, essere la parte più semplice di una police economica governativa. Solo così facendo, potremmo, poi, passare gradualmente ad una “detassazione di sviluppo” dei soli valori produttivi.
Purtroppo non è mai stato così in questo paese. L’Italia rimane imprigionata da vetuste e inadeguate politiche socioeconomiche che sono il risultato di una scarsa cultura della scienza economica.
“Chi non progetta il futuro, può solo sperare nella sorte”.
24/10/2018
Prof Dr. Antonio ROMANO
Debito pubblico Italiano aumenta ancora.
Nel mese di luglio il debito dello Stato e della P.A., ha toccato il record di 2341,7 miliardi con un aumento di 18,5 miliardi di euro su base mensile.
La Banca d’Italia comunica con ingiustificato ritardo questi dati.
La maggiore spesa dello stato è riferita solo a spese correnti. Nessuna spesa per infrastrutture o ricerca scientifica ha contribuito all’aumento, essendo queste ultime diminuite su base mensile. !!!
Il fabbisogno del Tesoro è passato in un solo mese da (31,6 miliardi a 80 miliardi).
Eppure nel mese di luglio le entrate fiscali dello Stato sono state in aumento del 4,8% rispetto a luglio del 2017 per un totale di 49,5 miliardi di euro.
Ancora una volta i governi non riescono a bloccare lo sperpero di danaro pubblico per alimentare la smisurata burocrazia della Pubblica Amministrazione Italiana.
Una altissima tassazione demotivante che serve per pagare una enorme massa di funzionari pubblici che costituiscono a creare una pubblica amministrazione elefantiaca, improduttiva e inefficace e quindi di conseguenza antieconômica. All’estero, si chiederebbero perché continuare a sostenerla !!
Occorre dare una gestione più economica e meno politica al paese. In pratica uno stato più snello, più efficace, più produttivo. Dovremmo agire e farlo subito, se non vogliamo “annegare” nei debiti, oppure continuiamo a far finta di mantenere una parvenza di qualità della vita, aumentando così i nostri debiti.
Il “sistema Italia” ha il suo tallone d’Achille proprio nello stato, nella sua organizzazione e nella sua pseudo cultura economica. Bisogna investire in particolare sui mezzi economici (infrastrutture e tecnologie) e non solo e sempre sulle persone.
14/09/2018
Prof. Dr. Antonio ROMANO
Debito Pubblico italiano: dato di Aprile della Banca d' Italia
Il dato di Aprile della Banca d’Italia, porta Il debito pubblico italiano al 132% del Pil, in aumento rispetto a marzo 2018. Il tutto è dovuto al fabbisogno delle pubbliche amministrazioni che è ancora aumentato rispetto al mese di marzo di ben 9 miliardi e 300 milioni, portando così il debito italiano totale a 2.311,7 miliardi di euro, appunto il 132% del PIL. Occorre mettere in campo urgentemente nuove strategie socioeconomiche, per invertire il trend del debito. Per il “sistema Italia” occorre trasformare l’essenza della spesa pubblica e il costo stesso della pubblica amministrazione in investimenti che creano valori economici.
Quindi, Investimenti Pubblici su valori economici e non più sulle persone e quindi sui consumi personali.
Questa scelta economica dovrebbe partire immediatamente poiché il 31/12/2018 avremo la fine del piano di acquisto dei titoli finanziari dalla BCE, comunicata ieri da Mario Draghi.
La fine del Quantitative easing costerà all’Italia 800 milioni di interessi in più da pagare entro quest’anno, mentre le stime nel 2019 si aggirano sui 3,8 miliardi di euro, con spread su Bund, inferiore a 200 e a valore di PIL costante.
La soluzione ? Strategie socioeconomiche nuove come detto.
San Paolo - 15/06/2018
Prof. Antonio ROMANO
Forte aumento del debito pubblico Italiano.
Il debito pubblico italiano segna a marzo 2018 un nuovo record di 2.302 miliardi di euro.
Bankitalia comunica che l' aumento è dovuto all' aumentato fabbisogno dell' Amministrazione Pubblica Italiana di ben 20,1 miliardi di euro rispetto a febbraio 2018.
Quindi nessun contenimento della spesa corrente. E' singolare che cresce il debito con le partite correnti mentre si riduce ancora la spesa pubblica degli investimenti.
Esattamente il contrario di cui abbiamo bisogno.
16/05/2018.
Dr. Antonio ROMANO
Comunicato Stampa
Lezioni di economia nella scuola, discussioni e conversazioni di economia in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Tutto può essere insegnato a tutti, al di là delle fasce evolutive. E dunque portare tra i bambini, i ragazzi e i giovani argomenti che attengono al denaro - e al lavoro che produce denaro – è operazione necessaria quanto urgente poiché pensiamo che il denaro abbia un valore e procurarselo impegna ogni persona a disciplinare la propria condotta di vita.
Ci ha pensato il prof. Antonio Romano, lucano, docente nelle discipline socio-economiche, che in un minibook, tradotto anche con testo a fronte in lingua inglese dalla prof.ssa Susanna Dubosas dell’Università di Basilicata, anche sapientemente illustrato, accompagna il lettore verso la padronanza di una disciplina, l’economia.
“Il Minibook di Oro – scrive l’autore – è uno strumento didattico scritto per migliorare il controllo del vostro denaro e quindi della vostra economia”. E la prof.ssa Nina Chiari, bioeticista, nella sua introduzione, avverte che “la conoscenza economica è anche strumento di libertà”.
Il minibook – collaborazione editoriale Centro Studi Leone XIII, pag. 55, stampa Digital Point, Rionero in Vulture, Gennaio 2018 – verrà presentato in anteprima a Melfi presso l’Istituto Commerciale Gasparrini e presso l’Istituto Alberghiero venerdì 23 febbraio 2018, per iniziativa del Dirigente scolastico, prof. Michele Masciale. “Per i nostri alunni - afferma il Dirigente - sempre entusiasti ed aperti ad approfondimenti alternativi al normale percorso curriculare, sarà l’occasione di poter trattare il tema dell’economia, materia caratterizzante il loro percorso di studi, da un’angolazione diversa, quella della gestione del denaro, con occhio sempre attento al loro futuro universitario e professionale”.
Venerdì 23 febbraio, ore 10,30 a Melfi presso l’Istituto Alberghiero il Minibook verrà presentato agli Organi di stampa.
Il Minibook di Oro non è in vendita, ne sono state stampate circa 600 copie che verranno donate a gruppi di studenti.
18/02/2018
Pasquale Tucciariello
Noi e la nostra disposizione al cambiamento
Quando parliamo di mentalità o forma mentis nostra o di un popolo o di uno stato, non possiamo non considerare la società e la cultura che circonda noi, un popolo o uno stato.
Ma la mentalità dei singoli può essere determinante per i cambiamenti personali e sociali?
Quello che siamo e quello che facciamo non è solo il risultato delle nostre capacità innate, ma in particolare, il risultato della maniera in cui ci avviciniamo ai
nostri sogni, ai nostri obiettivi e alle nostre mete.
Il nostro talento, la nostra intelligenza, le nostre peculiarità e qualità, le nostre debolezze, i nostri interessi e la stessa mentalità con cui osserviamo noi e
gli altri, non sono da considerare come punti ereditari immutabili, ma possono essere modificati da noi con dedizione e consapevolezza nel tempo dell’utilità della nostra vita.
I nostri risultati, il modo in cui affrontiamo le difficoltà e il modo per costruire al meglio il nostro sviluppo, sono il risultato di un impegno cercato e
voluto.
Ma come fare?
Dobbiamo evidentemente modificare la nostra mentalità (forma mentis) da statica a dinamica.
Dobbiamo sapere che le qualità migliori si possono conquistare e sviluppare quasi per tutta la nostra vita ed in particolare fino alla fine dell’età dell’utilità,
fino a raggiungere traguardi sorprendenti per noi e per gli altri.
Possiamo dimostrare con casi reali, come la MENTALITÀ STATICA influenzi tutto il nostro processo socio-interpretativo esistenziale, mettendoci in una posizione
giudicante e ripetitiva, senza scampo del tipo “io sono così e questo è il mio carattere, queste sono le mie potenzialità e non posso migliorare”.
Mentre al contrario passando a una MENTALITÀ DINAMICA ci portiamo in sintonia e in armonia verso azioni costruttive, in continuo apprendimento e in continua
evoluzione.
Queste dinamiche in tutti gli ambiti della nostra vita (nella società, nel mondo lavorativo, nelle relazioni personali, nelle relazioni parenterali ed educative) ci
mostrano con esempi e auto apprendimento come agire su noi stessi, come riconoscere la nostra staticità in relazione a una mentalità dinamica e quindi, come trasformarci.
Se noi cambiamo, creeremo un valore aggregato alla nostra vita, genereremo impatti positivi e contribuiremo a cambiare in meglio il “nostro intorno sociale”.
Prof. Dr. Antonio ROMANO
Nel 1994 due economisti americani, Jack Trout e Al Ries, enuclearono nel loro libro “Le 22 leggi immutabili del marketing“, che qui io commento:
01 - La regola della Leadership - Quello che conta è creare un settore nel quale puoi essere tra i primi. Perché è meglio essere il primo nella leadership che il migliore. E’ più facile entrare nella testa della gente come leader e quindi per primo, che, cercare di convincere il mercato che il vostro prodotto sia migliore di quello che già usano. La regola della leadership crea dei fans, degli epigoni, dei clienti fedeli e continui.
02 – La regola della Categoria - Se non puoi essere primo in una produzione, inventatene una nella quale puoi esserlo. Nel marketing, quando siete il primo in una linea di prodotti promuovete l'intero settore. In concreto avete pochi rivali.
03 – La regola della Mente - E’ meglio essere il primo nel cervello del cliente che sul mercato. Essere primi nella creatività, nella innovazione, significa essere primi nella mente, e questo è tutto nel marketing. Essere primo sul mercato è importante solo in quanto permette di esserlo, ma non sappiamo per quanto.
04 – La regola della Percezione - Il marketing non è una guerra di prodotti: è una battaglia di percezioni e di sensazioni ed è anche lo studio di questi aspetti. Non esistono prodotti unici, ma soltanto il cervello dei clienti acquisiti o potenziali, che percepisce e da valore al prodotto o servizio offerto. La percezione è relativa al cervello del cliente e del mercato.
05 – La regola della Focalizzazione - Nel marketing il concetto più potente è di essere titolari di un messaggio trasferito nella mente del potenziale cliente. Un azienda può avere un grande successo se riesce a impadronirsi di una parola nella testa di un cliente potenziale (Orologio svizzero = tecnologia svizzera). Una parola semplice ma efficace e focalizzata sul prodotto.
06 – La regola dell’ Esclusività - Due aziende non possono possedere la stesso slogan per un mercato potenziale. Quando un azienda possiede uno slogan chiave o una posizione nella mente del cliente è inutile cercare di impadronirsene. Quindi si dovrà analizzare dal punto di vista del marketing il mercato e trovare lo "slogan chiave" alternativo.
07 – La regola della Scala gerarchica - La strategia di marketing aziendale è dipendente dal grado che si occupa nella gerarchia dell'impresa. Anche nella mente dei potenziali clienti si genera una gerarchia che viene usata per fare le scelte di acquisto. Quindi le strategie di acquisto e di vendita dipendono dal gradino che si occupa (per chi vende) o che si intravede nel venditore (per chi compra) della scala gerarchica.
08 – La regola del Dualismo, chi la dura la vince: Nel lungo periodo in quasi tutti i mercati evoluti, la competizione diventa un affare per due competitori. Quando all'inizio sembrava un enorme gruppo di competitori: il tempo e il mercato seleziona sempre di più.
09 – La regola dell’ Opposto in presenza di un leader: se puntate al secondo posto in classifica, la vostra strategia è strumentalizzata dal leader. In presenza di un leader forte, il numero due ha la possibilità di capovolgere la situazione, scoprendo l’essenza del leader con il contrario esatto, tentando di non essere migliori, ma differenti. La migliore strategia di marketing per il secondo è questa.
10 – La regola della Divisione: Durante il tempo, un gruppo di prodotti si dividerà e diventerà due o più divisioni o linee di prodotti. Una linea di prodotti inizia come entità singola e con il passare del tempo la categoria si divide.
11 – La regola della Prospettiva: l' effetto del marketing si manifesta nel medio e soprattutto lungo periodo. E tale effetto di lungo periodo spesso è l’esatto contrario di quello a breve.
12 - La regola dell’ estensione di linea: Il desiderio di estendere il valore del marchio è fortissimo nei gestori del marketing aziendale. Una impresa è focalizzata su un prodotto altamente redditizio, inizia ad allargare il numero dei prodotti e comincia a perdere denaro. Ecco un tipico errore di marketing delle imprese che hanno successo.
13 – La regola del Sacrificio: Per avere un prodotto dovete rinunciare a qualcosa. L'opposto della legge precedente. Il successo comporta alcune rinunce. La linea di prodotti, il target market e il cambiamento continuo, sono tre cose alle quali si potrebbe rinunciare per avere successo.
14 – La regola degli Attributi, si potrebbe dire che a ogni azione corrisponde una reazione: Quindi per ogni caratteristica ce n’è una contraria altrettanto efficace. La parola chiave è " il contrario" e non esiste la parola "simile": (il mio prodotto è simile a quello.......).
15 – La regola della Trasparenza: Ammettendo un aspetto negativo, il cliente ve ne attribuirà uno positivo. Infatti il metodo più efficace per acquisire un cliente è quello di inizialmente ammettere un aspetto negativo, per poi trasformarlo in un vantaggio.
16 – La regola dell’ eccezionalità: Molte volte una sola mossa sarà determinante e darà risultati marcanti. La storia del marketing racconta che l’unica cosa che funziona sicuramente è l'idea geniale, audace e a volte casuale.
17 – La regola dell’ imprevedibilità: Difficile prevedere il futuro vostro e della concorrenza, quindi considerate l'imprevedibilità e imponderabilità come possibili.
18 – La regola del Successo: bisogna rimanere in sintonia. Il sogno quando diventa un successo conduce spesso all’arroganza e l’arroganza alla rovina economica.
19 – La regola del Fallimento: Gli errori sono sempre dietro l'angolo, quindi la rovina economica è da considerarsi possibile e quindi bisogna accettarla. Quello che bisogna evitare o ridurre drasticamente sono gli errori.
20 – La regola della Notizia Fantastica: A volte la situazione reale è l'opposto delle notizie giornalistiche, quindi analizzare con cura le condizioni reali del mercato e dell'azienda.
21 – La regola dell’Accelerazione - I progetti vincenti non si basano sulle mode contemporanee ma sulle tendenze di medio/lungo periodo.
22 – La regola della legge delle Risorse: Senza un investimento ben pianificato e studiato in riferimento al mercato, un progetto non potrà svilupparsi e svilupparsi secondo mete e risultati specifici.